Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

lunedì 10 marzo 2014

Cartoline dall’inferno: mittente “Anima dannata”. Una storia



Una lettera…
che arriva dall’altro mondo
“Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi internamente ce n’è un
FORMICAIO“



Non intendiamo riportare integralmente la Lettera (che potrete scaricare comodamente daqui): non è molto lunga ma il suo contenuto dura l’eternità. Vera o presunta (per chi non vuole credere) che sia, ringraziamo il cielo che abbia avuto più di un Imprimatur, il primo dal vescovo della Diocesi di provenienza, l’ultimo nel 1952 da parte del Vicariato di Roma. Una Lettera davvero speciale trovata fra le carte di una giovane morta in un educandato. Una persona che non si fece mai pubblicità, e che si dimostrò poi essere una giovane di grande preghiera. Questo offre credibilità ai fatti e alla misteriosa divulgazione che ebbe in seguito.Il successo di questo breve testo si deve poi a coscienziosi sacerdoti i quali, spesso e dopo una confessione, davano proprio come “penitenza e meditazione” la lettura di questa Lettera da unire alla lettura del Catechismo (all’epoca c’era quello detto San Pio X). Purtroppo, dopo il Concilio Vaticano II (e non per sua omissione), lo “spirito” goliardico del “volemose bene” a tutti i costi ha finito per abolire quasi del tutto l’Inferno, o peggio renderlo vuoto, facendo diventare tutti più buoni di Dio stesso, più buoni di Gesù Cristo… e così questa Lettera è finita nell’oblio per molti anni.

di Dorotea Lancellotti
La Vergine a Fatima ha insegnato questa preghiera da recitarsi ad ogni mistero del rosario e come giaculatoria durante la giornata:
“Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno. Porta in cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Vostra misericordia…”
Conosciamo tutti, si spera, il racconto dei tre Pastorelli di Fatima sulla visione dell’inferno stesso: “La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che pareva che si trovasse sotto terra. Immersi in questo fuoco, i demoni e le anime, come se fossero bracci trasparenti e negre o color bronzo, dalla forma umana, che fluttuavano nell’incendio, trasportati dalle fiamme, che uscivano da loro stessi, insieme a nugoli di fumo e cadevano da tutte le parti, simili alle faville che cadono nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra gridi e gemiti di dolore e di disperazione che facevano raccapricciare e tremare di spavento. I demoni si distinguevano per le forme orribili e schifose di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e negri” (1)
Dunque parliamo di una realtà concreta, vera, che il mondo d’oggi cerca di esorcizzare con il trionfo dei mostri (per esempio Halloween), film di vampiri simpatici ed innocui anzi, quasi degli eroi, zombi che invadono la terra e che vengono sconfitti dal buono di turno, e quant’altro. Eppure si fa difficoltà a credere alla Bibbia, a Gesù Cristo.

Il ricco Epulone: in vita gozzoviglia, ma dopo la morte arriva il conto…
Benedetto XVI all’omelia alla parrocchia romana nel marzo 2007 diceva: “E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”.
Non è un caso se tutta la catechesi della Chiesa e il suo Magistero bimillenario, i consigli dei santi, le profezie dei mistici e tutta la stessa Scrittura parlano della dannazione; non è uno spauracchio per terrorizzarci, non è un inganno, non è menzogna, ma è una drammatica realtà dalla quale, disgraziatamente dovessimo andarci, non potremmo più uscirne fuori. Ecco perché la Chiesa è sempre stata così insistente e severa, ecco perché Gesù stesso nei Vangeli è molto severo sulla sorte dei dannati. Lo esprime bene nella parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro riportata da Luca 16,19-31 quando viene detto “….Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura… (..) ti prego di mandarlo (a Lazzaro) a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”…

QUELLA TELEFONATA CHE DÀ IL VIA A TUTTO…

Pronto, chi parla? L’oltretomba in linea..
Siamo nell’autunno del 1937. Suona un telefono. La donna, che scriverà poi la lettera, riceve una telefonata dalla madre e apprende che la sua amica Annetta è morta in seguito ad un incidente automobilistico.
La notizia la spaventa: sa che Annetta non è mai stata molto religiosa. Era preparata, allorché Dio, così d’improvviso, l’aveva chiamata a sé? Morendo all’improvviso, come si sarà trovata? L’indomani Clara – così si chiama la donna – si reca alla S. Messa e fa anche la Comunione in suffragio dell’anima dell’amica. Poi la sera avviene il fatto….
Nella Lettera leggiamo che, mentre Clara andò a dormire, come lei stessa racconta, fu svegliata come da un violento bussare. Accese la luce e l’orologio sul comodino segnava dieci minuti dopo la mezzanotte. Non vide nessuno e nessun rumore si udiva per tutta la casa. Racconta:
“Mi sentii invadere irresistibilmente da una sensibilità interiore. Mi alzai e scesi nella cappella di casa come ogni mattina; nell’aprire la porta di casa, inciampai in un fascio di fogli da lettera sciolti.
Raccoglierli, riconoscere la scrittura di Annetta e gettare un grido fu la stessa cosa. Tremante tenevo i fogli in mano, lasciai la casa e salii per un sentiero montano. Mi sedetti , afferrai la lettera e mi misi a leggerla.
Mancava la firma, ma la scrittura era di Annetta. Lo stile il suo, anche se duro e non amabile come lei sapeva essere.
Il suo scritto dal mondo di là lo riporto qui, parola per parola , come l’ho letto allora. Suonava così:
«Clara, non pregare per me! Sono dannata. Se te lo comunico e te ne riferisco piuttosto lungamente, non credere che ciò avvenga a titolo di amicizia: Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come “ parte di quella potenza che sempre vuole il male e opera il bene “. In verità vorrei vedere anche te approdare a questo stato, dove io ormai ho gettato l’ancora per sempre.
Non stizzirti di questa intenzione. Qui, noi pensiamo tutti cosi. La nostra volontà è impietrita nel male in ciò che voi appunto chiamate “male”. Anche quando noi facciamo qualche cosa di “bene”, come io ora spalancandoti gli occhi sull’Inferno, questo non avviene con buona intenzione… ».

CHI RIFIUTA DIO SI CONDANNA DA SOLO

L’inferno? Lo scegliamo da soli.
Clara e Annetta, giovanissime, lavoravano in una ditta commerciale in Germania.
Non erano legate da profonda amicizia, ma da semplice cortesia. Lavoravano ogni giorno l’una accanto all’altra e non poteva mancare uno scambio di idee. Clara si dichiarava apertamente religiosa e sentiva il dovere d’istruire e richiamare Annetta, quando questa si dimostrava leggera e superficiale in fatto di religione.
Il monito dell’apostolo è chiaro: “Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita; s’intende a coloro che commettono un peccato che non conduce alla morte: c’è infatti un peccato che conduce alla morte; per questo dico di non pregare. Ogni iniquità è peccato, ma c’è il peccato che non conduce alla morte” (1Gv 5,16-17).
Il passo sopra ci riporta al monito di Cristo: “In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna.” (Mc. 3,28-29)
Nel commento della Bibbia di Gerusalemme questo versetto è commentato in nota così: “L’uomo è scusabile se si inganna sulla dignità divina di Gesù, velata dalle umili apparenze del Figlio dell’uomo, ma non lo è se chiude gli occhi e il cuore alle opere evidenti dello Spirito. Negandole, egli rigetta la proposta suprema che Dio gli fa e si mette fuori della salvezza”.
In altri termini la bestemmia contro lo Spirito Santo è quella di coloro che non solo chiudono gli occhi davanti alle opere di Dio e ai suoi Comandamenti, ma le respingono ostinatamente. O, come nel caso dei farisei, attribuiscono al demonio le opere dello Spirito Santo o di Gesù stesso, volendo così identificare Dio stesso con lo spirito maligno. Essi non possono ottenere il perdono non perché la potenza di Dio sia limitata o perché la Chiesa non abbia potere di rimettere i peccati (è dogma di fede che la Chiesa può rimettere tutti i peccati senza alcuna eccezione) ma per la chiusura all’azione della grazia da parte di chi li compie.

Papa Francesco avverte: siamo noi che rifiutiamo la salvezza, non è Dio che ci condanna.
Chi infatti non riconosce l’opera di Dio o, appunto, la rifiuta, la combatte, non fa altro che attribuire al diavolo le opere della bontà e della grazia di Dio, perché non esiste una terza via: non ci sono altre divinità su cui spostare l’attenzione o la provenienza dei doni, così come la provenienza del male. Chi rifiuta Dio in certo modo fa di Dio un demonio, come ci insegnano i santi. Di più, si mette a combattere contro quella stessa bontà che è piuttosto la sorgente del dono della conversione del cuore e della penitenza, nonché della redenzione totale. Per san Tommaso d’Aquino i peccati contro lo Spirito Santo sono tanti quanti sono i modi di disprezzare l’aiuto di Dio per trattenere l’uomo dal peccato, quindi il disprezzo delle virtù, per esempio, della preghiera, delle opere sante ecc…
Papa Francesco, nel discorso al Colosseo dopo la Via Crucis, ha detto: ” A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato, ha risposto, e la sua risposta è la Croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono. E’ anche giudizio: Dio ci giudica amandoci. Ricordiamo questo: Dio ci giudica amandoci. Se accolgo il suo amore sono salvato, se lo rifiuto sono condannato, non da Lui, ma da me stesso, perché Dio non condanna, Lui solo ama e salva”.


LE RESPONSABILITÀ DI TUTTI QUANDO UN ANIMA SI DANNA 

Il profeta Ezechiele: ammonisci il malvagio.
C’è un brano biblico in Ezechiele che fa davvero pensare. Dice: “Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato” (3,18-19).
Ecco allora che le parole di questa lettera speciale non ci sembrano rivolte soltanto ai suoi genitori o all’amica, ma a tutti noi genitori e non, a chiunque ha un incarico nella Chiesa, ad ogni battezzato che riceve con il Battesimo il mandato ad evangelizzare. Scrive Annetta: “Quando papà e mamma, ancora giovani, si trasferirono dalla campagna in città, ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così. Simpatizzarono con la gente non legata alla Chiesa. Si erano conosciuti in un ritrovo danzante e mezz’anno dopo “dovettero”sposarsi.
Nella cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant’acqua santa, che la mamma si recava in chiesa alla Messa domenicale un paio di volte l’anno. Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si esauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non fosse disagiata.
Parole, come Messa, istruzione religiosa, Chiesa, le dico con una ripugnanza interna senza pari. Aborrisco tutto questo, come odio chi frequenta la Chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le cose….”





VOLETE L’INFERNO? SVUOTATE DI SIGNIFICATO LA VITA QUOTIDIANA DELLA CHIESA

La preghiera è importante. Molti però si preoccupano solo delle attività ricreative.
E badiamo bene che non è automatico salvarsi: non basta appartenere ad un gruppo, un movimento, una associazione. Quanta responsabilità hanno i catechisti, i sacerdoti, i parroci! Le stesse attività diocesane vengono svuotate di significato quando non si pone al centro la preghiera, la confessione, l’Eucaristia, la mortificazione del corpo, la pratica di tutte le virtù, e tutto si riduce ad attività didattiche e di gioco, di gite e divertimento, quasi servisse solo il modo per far passare in fretta e meglio il tempo.
Scrive infatti Annetta: ” Marta K. e tu mi avete indotta a entrare nell’ Associazione delle Giovani. Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la moda parrocchiale le istruzioni delle due direttrici, le signore X. I giuochi erano divertenti. Come sai, vi ebbi subito una parte direttiva. Ciò mi andava a genio.
Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla Confessione e alla Comunione. A dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi per me non avevano importanza. Per azioni più grossolane, non ero abbastanza corrotta. Tu mi ammonisti una volta: “Anna, se non preghi, vai alla perdizione!”. Io pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.
Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell’Inferno non hanno pregato o non hanno pregato abbastanza…. La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a Colei che fu Madre di Cristo, il nome della quale noi non nominiamo mai. “
C’è tutto un ciclo di Catechesi sull’importanza della Preghiera che Benedetto XVI ha trattato nell’anno 2012 e che ben spiega questo grande valore e il perché chi non prega o prega male finisce col dannarsi (2).

IL DEMONIO INFLUISCE SULLE PERSONE, MA NON PUÒ FAR NULLA CONTRO LA LORO VOLONTÀ: L’USO DEL LIBERO ARBITRIO 

Libero arbitrio: sta a noi scegliere.
Nel Libro del Siracide, al cap.15,17, leggiamo:” Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà….” . Per “morte” si intende la dannazione dell’anima, un vivere eternamente lontano dalla fonte della Vita, che è un non vivere per ciò che siamo stati creati. Troviamo così spiegata questa realtà nei passi drammatici di Annetta che ognuno di noi può facilmente riscontrare nelle personali esperienze di vita:
“All’influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo io allora. Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui. E anche ciò, a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi internamente ce n’è un formicaio. Il demonio non può rapire la libera volontà a coloro che si danno al suo influsso. Ma in pena della loro, per dir così, metodica apostasia da Dio, questi permette che il “maligno” si annidi in essi.
lo odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perché cerca di rovinare voialtri; odio lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo.
Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete.
Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è ufficio degli spiriti decaduti.
Veramente ciò accresce ancor più il tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù all’Inferno un’anima umana. Ma che cosa non fa l’odio?

Dio ci segue sempre. Ma noi dobbiamo metterci seriamente sulle sue tracce.
Benché io camminassi per sentieri lontani da Dio, Dio mi seguiva.
Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale, che compivo non di rado per inclinazione del mio temperamento.
Talvolta Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d’ufficio durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agivano potentemente.
Una volta, nella chiesa dell’ospedale, in cui tu mi avevi condotta durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che sarebbe bastato un solo passo per la mia conversione: io piansi!
Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.
Il grano soffocava tra le spine…”

Non troviamo forse il medesimo monito in Matteo 7,21-23 quando il Signore severamente afferma: ” Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demoni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità…”
Questo è un severo monito per quanti, pur frequentando la Chiesa, oppure pur adoperandosi per la carità, rifiutano la fede. Una delle eresie più gravi portate da Lutero fu proprio quella di aver voluto separare la fede dalle opere mentre il Vangelo stesso ci rammenta che la fede senza le opere è una fede morta, ma anche le opere senza la fede diventano assistenzialismo, socialismo, quella filantropia che distaccata dalla fede non produce frutti di conversione a Dio. Sant’Agostino ci rammenta che Dio non può salvarci se noi non vogliamo, se lo rifiutiamo.
Fare la volontà di Dio è applicare a se stessi tutti e dieci i Comandamenti, senza tralasciarne alcuno, e vivere uno stile di vita coerente a questa volontà nella quale ci si abbandona totalmente come Gesù ci ha insegnato sul Getsemani.

DIO CASTIGA QUELLI CHE AMA, LO DICONO ANCHE I DANNATI. MA NON CI CREDIAMO

Teresa d’Avila: capì che Dio colpisce chi ama.
Va di moda in questi ultimi anni proporre l’immagine di un Dio tutto rose e fiori, quasi come un peluche, un vecchio con la barba pronto ad accogliere anche chi non si converte. Per carità, si fa sempre bene a non incolpare Dio di ogni dramma, a non definirLo un “castigamatti”, uno dalla saetta facile (cfr Lc.9,54). Tuttavia sembra proprio che oggi un Dio “padrone della vita e della morte”, come leggiamo nella Scrittura, non faccia piacere e così si attribuisce al “caso” alla disgrazia, alla sfortuna la sofferenza degli uomini, cercando di cancellare la verità sul demonio e dunque la verità su Dio.
Leggiamo nella Lettera di Annetta questo passo:
“Intanto mi ero accomodata io stessa una religione a mio modo.
Sostenevo l’opinione, che da noi in ufficio era comune, che l’anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare senza fine.
Con ciò l’angosciosa questione dell’al di là era insieme messa a posto e resa a me innocua.
Perché tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l’uno all’Inferno e l’altro in Paradiso?… Del resto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi discorsi di bigottismo!
A poco a poco mi creai io stessa un Dio; sufficientemente dotato da essere chiamato Dio; lontano abbastanza da me, da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi, secondo il bisogno, senza mutar la mia religione, paragonare a un dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un dio solitario. Questo Dio non aveva nessun Inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per Lui.
Ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva vivere.
Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E questo dolore non venne!
Comprendi ora cosa vuol dire: “Dio castiga quelli che ama!”..”
Mi viene a mente l’episodio descritto nella biografia di Santa Teresa D’Avila, Dottore della Chiesa. Un giorno era afflitta e sfinita per le grandi sofferenze e preghiere e in ginocchio supplicava il Signore: “Gesù mio, Gesù mio! quanto è difficile stare con te”; le rispose il Signore: “Ma è così che io tratto i miei amici…”
Di rimando rispose la santa: “Ora capisco perché ne hai così pochi….!”
Può sembrare una battuta, ma non lo è. E’ la tipica ironia dei santi che hanno sempre da insegnarci qualcosa oltre che a comunicare con noi utilizzando il sorriso.
Ma poi basti pensare a come sono finiti i Dodici Apostoli, martiri; basti pensare a Padre Pio, ora santo, così vicino a noi nel tempo al quale Gesù gli chiese “il permesso” per servirsi di lui. Certo che sì, rispose il santo di Pietralcina, ma si permise nientemeno che di fare un patto con Gesù: “accetto tutto mio Signore, ma Voi in cambio salverete tutte quelle anime che in qualche modo avranno a che fare con me, dovrete convertirle…”
Affare fatto! Eccolo il vero rapporto tra Dio e i Suoi Figli: è un “Tu per tu” confidenziale e di fiducia, esattamente il contrario di quanto vissuto da Annetta. Questi discorsi sono quelli che Annetta aveva bollati come “bigottismo” rifiutando di trarre da questi le verità sulla fede e quindi convertirsi per davvero.

MI RITENEVO CATTOLICA…

Oggi come ieri tante comunioni ricevute indegnamente. Qui è John Kerry, politico a favore dell’aborto.
Ritengo che tutto il dramma di questa preziosa Lettera di Annetta sia racchiuso proprio in questa confessione.
Dice sant’Agostino ne “La vera religione”: “Lasciamo dunque da parte tutti quelli che non sanno essere né filosofi nelle questioni religiose né religiosi nelle questioni filosofiche e quanti, per un’errata convinzione o per qualche ostinato rancore, si sono allontanati dalla disciplina e comunione della Chiesa cattolica e quanti ancora non hanno voluto accogliere né la luce delle Sacre Scritture né la grazia del popolo spirituale, cioè il Nuovo Testamento, dei quali ho fatto cenno nel modo più breve possibile. Dobbiamo attenerci alla religione cristiana e alla comunione della sua Chiesa, che è cattolica ed è chiamata tale non solo dai suoi membri, ma anche da tutti i suoi nemici….”
Leggiamo questi ultimi tratti della Lettera di Annetta:
“In ciò consistette la mia apostasia a Dio: elevare una creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in modo che abbracci tutto, come nell’amore di una persona dell’altro sesso, quando quest’amore rimane arenato nelle soddisfazioni terrene. E’ questo che forma la sua attrattiva. il suo stimolo e il suo veleno.
L”‘adorazione”, che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per me religione vissuta.
Era il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i chiesaioli, i preti, le indulgenze, il biascichio dei rosari e simili sciocchezze.
Tu hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di tali cose. Apparentemente, senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava, in verità, di queste cose, io cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza allora avevo bisogno di un tale sostegno per giustificare anche con la ragione la mia apostasia.
In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritenevo ancora cattolica. Volevo anzi essere chiamata così; pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una certa “contro-assicurazione”, pensavo, non poteva nuocere.
Le tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su di me non facevano presa, perché tu non dovevi avere ragione.
A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occasione del mio matrimonio.
Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta. Era prescritto. lo e mio marito su questo punto la pensavamo ugualmente. Perché non avremmo dovuto compiere questa formalità? Anche noi la compimmo come le altre formalità.
Voi chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene, dopo quella Comunione “indegna “, io ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l’ultima…”.

PERDERE DIO PER SEMPRE

O si prende il Corpo di Cristo con devozione e degnamente o sarà la nostra condanna.
Non è forse san Paolo che si dimostra amareggiato e severo a motivo del fatto che i Corinzi, per il comportamento scorretto, per la mancanza di carità, per egoismo, profanano il loro “mangiare la cena del Signore”, profanano cioè la Celebrazione Eucaristica (1Cor.11,17-34) “mangiando e bevendo la propria condanna..” ?
” Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio. – continua Annetta – Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così indifferente? Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gridare dal dolore. Adesso noi sentiamo la perdita di Dio, prima la pensavamo soltanto. Non tutte le anime soffrono in misura uguale.
Con quanta maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha abusato. I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perché essi per lo più ricevettero e calpestarono più grazie e più luce…”

COME UN’OMBRA GIALLA DI ZOLFO
Come conclusione è bene riportare l’esperienza diretta di Annetta che così dice:
“Strano! Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo pensiero: “Tu potresti ancora una volta andare a Messa”. Suonava come un’implorazione. Chiaro e risoluto, il mio “no” trovò il filo dei pensieri. “Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso tutte le conseguenze!” – Ora le porto. Ciò che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.
Quello, del resto, che succede sulla terra, noi lo sappiamo solo nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.
Io stessa mi svegliai improvvisamente dal buio, nell’istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante. Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in un teatro, quando nella sala d’un tratto si spengono le luci, il sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata orribilmente illuminata. La scena della mia vita.
Come in uno specchio l’anima mia si mostrò a se stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all’ultimo “no” di fronte a Dio. lo mi sentii come un assassino al quale durante il processo giudiziario, viene portata dinanzi la sua vittima esanime. Pentirmi? Mai!… Vergognarmi? Mai!
Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio da me rigettato. Non mi rimaneva che una cosa: la fuga. Come Caino fuggì dal cadavere di Abele, così l’anima mia fu spinta da quella vista di orrore. Questo fu il giudizio particolare: l’invisibile Giudice disse: “Via da me!”. Allora la mia anima, come un’ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell’eterno tormento… “.
Ci troviamo di fronte ad una realtà che riscontriamo nelle Scritture, in molti Santi e profeti, in molti mistici, in anime semplici, come nel caso di Maria Simma la cui esperienza potrete trovare qui (3). Possiamo concludere senza ulteriori spiegazioni lasciando maturare in noi quel Mistero che deve nutrire la nostra coscienza. Vogliamo tuttavia rivolgerci al Signore, a quel Signore della vera misericordia che ci viene incontro sperando che noi, come Zaccheo, saliamo sull’albero dell’humilitas. A Lui sant’Agostino rivolge la bella preghiera riproposta da Benedetto XVI in varie udienze (4), che può sintetizzare anche la risposta a questa Lettera di Annetta: «Concedi ciò che comandi, e poi comanda ciò che vuoi». Concedici il dono di tornare come bambini, e poi domanda di essere come bambini, affinché possiamo entrare nel Regno dei cieli, innalzando con il cuore la preghiera del pubblicano: “O Dio, abbi pietà di me peccatore… (Lc.18,13).

NOTE
1) Da “Lucia racconta Fatima” – Ed. Queriniana, pag. 80
2) ciclo completo catechesi sulla preghiera Benedetto XVI Anno 2012:
3) Maria Simma e il Purgatorio parte uno parte uno e parte due
4) Per tutte le catechesi di Benedetto XVI su sant’Agostino cliccare qui.

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