Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 3 aprile 2014

Inferno: terribile realta'


L'INFERNO C'E'!
testo di Don Giuseppe Tomaselli

Rivisto e ristampato da 
Don Enzo Boninsegna
NIHIL OBSTAT QUOMINUS IMPRIMATUR
Catania 18-11-1954 Sac. Innocenzo Licciardello
IMPRIMITUR
Catania 22-11-1954 Sac. N. Ciancio – Vic. Gen.
"Se Dio castigasse subito chi lo offende, certamente non verrebbe offeso come lo è ora. Ma poiché il Signore non castiga subito, i peccatori si sentono incoraggiati a peccare di più. È bene sapere però che Dio non sopporterà per sempre: come ha fissato per ogni uomo il numero dei giorni della vita, così ha fissato per ognuno il numero dei peccati che ha deciso di perdonargli: a chi cento, a chi dieci, a chi uno. Quanti vivono molti anni nel peccato! Ma quando termina il numero delle colpe fissato da Dio, sono colti dalla morte e vanno all'inferno. " 
(Sant'Alfonso M. de Liguori - Dottore della Chiesa)
ANIMA CRISTIANA, NON FARTI DEL MALE! SE TI AMI... NON AGGIUNGERE PECCATO A PECCATO! TU DICI: "DIO È MISERICORDIOSO!" EPPURE, CON TUTTA QUESTA MISERICORDIA... QUANTI OGNI GIORNO VANNO ALL'INFERNO!!
PRESENTAZIONE

"Caro don Enzo, il libretto che ti accludo non è più reperibile, l'ho cercato tanto, un po' dappertutto, ma non sono riuscito a trovarlo. Ti chiedo un favore: potresti ristamparlo tu?

Vorrei tenerne alcune copie in confessionale, come ho sempre fatto, per darlo a quei penitenti superficiali che hanno bisogno di una scossa forte per comprendere che cos'è il peccato e quali gravissimi rischi si corrono a vivere lontani da Dio e contro di Lui." Don G. B.

Con questa breve lettera ho ricevuto anche il volumetto di Don Giuseppe Tomaselli, “L'INFERNO C'E'!”, che già avevo incontrato e letto con molto interesse nella mia adolescenza, quando i preti non si vergognavano di offrire ai giovani letture come questa, per favorire in loro serie riflessioni e un radicale cambiamento di vita.

Visto che oggi, sia nella catechesi che nella predicazione, il tema dell'inferno è quasi totalmente ignorato... visto che al­cuni teologi e pastori d'anime, alla colpa già grave del silenzio, aggiungono quella della negazione dell'inferno che... "o non c'è, o se c'è non è eterno o è vuoto"... visto che troppi oggi parlano dell'inferno in modo sarcastico o quantomeno banalizzante... visto che è anche e principalmente il non credere o il non pensare all'inferno che porta a impostare la propria vita in modo diverso da come Dio la vorrebbe e perciò a rischiare di farla finire nella rovina eterna... ho pensato di accogliere il suggerimento di quel sacerdote di Trento, che passa ore e ore in confessionale per ridare alle anime l'acqua pura e fresca della grazia perduta col peccato.

Il volumetto di Don Tomaselli è un piccolo gioiello, un classico che ha fatto riflettere tante persone e che certamente ha contribuito a salvare non poche anime.

Scritto in un linguaggio semplice e accessibile a tutti, offre alla mente le certezze della fede e al cuore emozioni forti che lasciano profondamente scossi.

Perché allora lasciarlo tra i rottami di altri tempi, vittima delle mode di pensiero che non credono più a ciò che è insegnato e garantito da Dio? Val la pena "risuscitarlo ".

E così ho pensato di ristamparlo per offrire una catechesi sull'inferno a tutti quelli che vorrebbero sentirne parlare, ma non sanno più a chi rivolgersi... a tutti quelli che ne hanno sentito parlare finora in modo distorto e tranquillizzante... a tutti quelli che non ci hanno mai pensato e... (perché no?) anche a chi dell'inferno non vuole proprio sentirne parlare, per non essere costretto a fare i conti con una realtà che non può lasciare indifferenti e non permette più di vivere nel peccato allegramente e senza rimorsi.

Se uno studente non pensasse mai che alla fine dell'anno ci sarà un diverso trattamento tra chi ha studiato e chi no, non gli verrebbe forse a mancare uno stimolo forte nel compimento del suo dovere? Se un dipendente non tenesse presente che lavorare o assentarsi dal lavoro senza motivo non è la stessa cosa e che la differenza si vedrà a fine mese, dove troverebbe la forza di andar a faticare otto ore al giorno e magari in un ambiente difficile? Per la stessa ragione, se un uomo non pensasse mai, o quasi mai, che vivere secondo Dio o vivere contro Dio è profondamente diverso e che i risultati si vedranno al termine della vita, quando sarà ormai troppo tardi per correggere il tiro, dove troverebbe lo stimolo a fare il bene e ad evitare il male?

Si capisce da qui che una pastorale che fa silenzio sulla terrificante realtà dell'inferno per non raccogliere sorrisini di compatimento e per non perdere la clientela, sarà anche gradita agli uomini, ma è sicuramente sgradita a Dio, perché è distorta, perché è falsa, perché non è cristiana, perché è sterile, perché è vile, perché è venduta, perché è ridicola e, quel che è peggio, perché è estremamente dannosa: riempie infatti i "granai " di Satana e non quelli del Signore.

In ogni caso non è la pastorale del Buon Pastore Gesù... che dell'inferno ne ha parlato tante e tante volte!!! Lasciamo "che i morti seppelliscano i loro morti" (cfr. Lc 9, 60), che i falsi pastori continuino con la loro "pastorale del nulla". Noi preoccupiamoci solo di piacere a Dio e di essere fedeli al Vangelo, ciò che non sarebbe... se tacessimo sull'inferno!

Questo volumetto va meditato attentamente, per il proprio bene spirituale, e va diffuso il più possibile, sia da parte dei sacerdoti che da parte dei laici, per il bene di tante anime alla deriva.

È sperabile che la lettura di questo libro possa favorire la svolta decisiva per qualche "figlio prodigo" che non pensa al rischio che corre e per qualche altro che dispera della misericordia del Signore.

Perché allora non infilarlo nella cassetta postale di qualche spavaldo bellimbusto che sta camminando allegramente e a grandi passi verso la sua rovina eterna?

Ti ringrazio per quanto farai per la diffusione di questo libro, ma più di me ti ringrazierà e ti ricompenserà il Signore.

Verona, 2 febbraio 2001 - Don Enzo Boninsegna

INTRODUZIONE

Anche se non era un mangiapreti, il colonnello M. se ne rideva della religione. Un giorno disse al cappellano del reggimento:

- Voi preti siete furbi e imbroglioni: inventando lo spauracchio dell'inferno, siete riusciti a farvi seguire da molta gente.

- Signor colonnello, non vorrei entrare in discussione; questo, se crede, potremo farlo in un secondo tempo. Le chiedo soltanto: quali studi ha fatto lei per giungere alla conclusione che l'inferno non c'è?

- Non è necessario studiare per capire queste cose!

- Io invece - continuò il cappellano - ho studiato a fondo e di proposito l'argomento sui libri di teologia e non ho alcun dubbio sull'esistenza dell'inferno.

- Mi porti uno di questi libri.

Quando il colonnello ha riportato il testo, dopo averlo letto at­tentamente, si sentì in dovere di dire:

- Vedo che voi preti non imbrogliate la gente quando parlate dell'inferno. Gli argomenti che portate sono convincenti! Devo ammettere che avete ragione voi!

Se un colonnello, che si pensa abbia un certo grado di cultura, giunge a deridere una verità così importante come l'esistenza dell'inferno, non c'è da meravigliarsi che l'uomo comune dica, un po' scherzando e un po' credendoci: "L'inferno non c'è... ma se ci fosse ci troveremmo in compagnia di belle donne... e poi là si starebbe al caldo..."

L'inferno!... Terribile realtà!... Non dovrei essere io, povero mortale, a scrivere sul castigo riservato ai dannati nell'altra vita. Se a fare questo fosse un dannato che si trova negli abissi infernali, quanto sarebbe più efficace la sua parola!

Tuttavia, attingendo da diverse fonti, ma soprattutto dalla Divina Rivelazione, presento al lettore un argomento degno di profonda meditazione.

"Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".

L'inferno nel Catechismo della Chiesa Cattolica

1033. Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di Lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi...Morire in peccato mortale senza esserne pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da Lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola "inferno"

1034. Gesù parla ripetutamente della "Geenna", del "fuoco inestinguibile", che è riservato a chi sono alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi. e dove possono perire sia l'anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe che egli "manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno... tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente" (Mt 13, 41-42), e che pronunzierà la condanna: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!" (Mt 25, 41).

1035. La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, il "fuoco eterno". La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

1036. Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa, quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanti pochi sono quelli che la trovano!" (Mt 7, 13-14).

1037. Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidinae dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole "che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" (2 Pt 3,9).

L'INFERNO ESISTE

Scritti biblici , del Magistero , dei santi e di altri importanti autori sull'inferno

di don Tullio Rotondo



INFERNO (in pillole)

Oggi ci sono tanti che non credono all'Inferno perché lo credono incompatibile con la bontà di Dio. Ebbene facciamo qualche riflessione.

Dio non voleva l'inferno

Nella preghiera del «Padre Nostro», insegnata da Gesù agli Apostoli, noi chiediamo a Dio che sia fatta la volontà sua, che è volontà d'amore. Ora se fosse stata fatta la sua volontà, tutta quanta la sua volontà, l'Inferno certamente non ci sarebbe stato, perché Dio, Amore Infinito, vuole soltanto la felicità delle sue creature angeliche e umane, che dotò del dono straordinario della libertà. 
Se Satana con i suoi angeli, invece di ribellarsi a Dio, avesse fatto la sua volontà, l'Inferno non ci sarebbe stato. Quindi la responsabilità dell'esistenza dèll'Inferno non si può attribuire alla volontà divina. 

Se Adamo, capostipite dell'umanità, non si fosse ribellato a Dio, ma avesse fatta la sua volontà, non ci sarebbero sulla terra dolori e morte, come ci dice la Sacra Scrittura (Sap. 1,13 e 2,24): «La morte non è opera di Dio, né Egli gioisce che i vivi debbano morire... Dio ha creato l'uomo per l'immortalità, ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo» (che riuscì a sedurre Eva e Adamo facendoli ribellare a Dio). Ora se la morte fisica dell'uomo è contro la volontà di Dio, a maggior ragione è contro la sua volontà e la «seconda morte (Ap. 21,8)» cioè la morte spirituale che è l'inferno. 

Per capire meglio fino a qual punto Dio non vuole l'Inferno, basta pensare a Gesù Crocifisso, il quale aveva affermato (Giov. 4,34): «Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato a compiere la sua opera». Ora se l'Inferno fosse voluto dal Padre, Gesù Cristo non si sarebbe sacrificato sulla croce proprio per chiudere davanti a noi la porta dell'Inferno e per riaprirci quella del Paradiso. 
Dio, Amore Eterno e Infinito, ci ha creati — come ci dice il Catechismo — per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita e per goderlo poi nell'altra, in Paradiso. Quindi non ci ha creati per l'Inferno. 
Dio è Amore, mentre l'Inferno è odio, è la negazione dell'amore, perciò Dio non può averlo voluto per ché non può rinnegare se stesso: Amore eterno e infinito. Di conseguenza l'Inferno viene da ciò che si oppone alla volontà di Dio: il peccato degli Angeli e degli uomini ribelli. 
Tra il peccato del demonio, però, e quello dell'uomo c'è una differenza enorme. La ribellione dell'uomo (composto di spirito e corpo) partecipa dell'instabilità della nostra condizione terrena, molto influenzabile da falsi beni: oggi offendiamo Dio, domani ci pentiamo e ritorniamo a Lui, proprio perché ci troviamo nella flui dità del tempo. 
L'angelo invece (puro spirito senza corpo) non è soggetto a mutabilità. La scelta della sua volontà è immutabile, irrevocabile: Satana ha scelto la ribellione a Dio, egli non si pentirà mai del suo peccato. 

Quello che è accaduto all'angelo ribelle accadrà purtroppo anche all'umo che si ostina nel suo peccato fino all'ultimo istante della sua vita terrena, perché, uscito con la morte, dalla mutevolezza del tempo, entrerà nell'immutabilità eterna. 
Perciò l'Inferno è conseguenza esclusiva dell'opposizione definitiva alla volontà divina, generatrice di pace e felicità eterna. Per questo il Santo Curato d'Ars, San Giovanni Viannej, diceva: «Non è Dio a dannarci, siamo noi con i nostri peccati. I dannati non accusano Dio, ma accusano se stessi». 

Dio vuole salvare tutti (1 Tim. 2,4): «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità». Però, avendoci dato il dono della libertà, vuole la nostra collaborazione. Dio vuole che il peccatore si converta e si salvi, per cui lo chiama e richiama continuamente per fargli lasciare il peccato e arricchirlo della sua grazia. Ma se il peccatore, fino all'ultimo istante della sua vita terrena, disprezza, rifiuta la misericordia di Dio, che l'invita al pentimento, e rimane ostinato nel suo peccato, andando all'Inferno, di chi è la colpa? Di Dio o del peccatore? Evidentemente del peccatore. 

Un giorno Gesù, dopo aver mostrato l'Inferno a Suor Benigna Ferrero, anima mistica morta in concetto di santità, le diceva: « Vedi, Benigna, quel fuoco!... Sopra a quell'abisso io ho steso, come un reticolato, i figli della mia misericordia, perché le anime non vi cadano dentro. Quelle però che si vogliono dannare, vanno lì per aprire con le proprie mani quei fili e cadere dentro e una volta che vi sono dentro neppure la mia bontà le può salvare. Queste anime sono inseguite dalla mia misericordia molto più di quanto sia inseguito un malfattore dalla polizia, ma esse sfuggono alla mia misericordia!». 


Esistenza dell'inferno

A - La Sacra Scrittura al riguardo è categorica. Qualche citazione. 

1) Nel Giudizio Universale, Gesù Cristo (Mat. 25,41 e 46) dirà ai cattivi: « Via da me, maledetti, nel fuoco eterno (cioè l'Inferno) preparato per il diavolo e i suoi angeli.., ed essi andranno al supplizio eterno». 

2) In Mat. 10,28, Gesù dice: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto Colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna (cioè l'Inferno)». 

«Geenna o Gehenna» è voce composta da «ghe = valle» ed «Hennon» = nome del padrone di una valle ai piedi del Sion e dell'Ofel, presso Gerusalemme, nella quale gli ebrei, caduti nell'idolatria, offrivano i loro figli a Molok, falsa divinità sacrificandoli nel fuoco. Il re Giosia, tolta via quell'orribile superstizione idolatrica, per rendere il luogo più abbominevole, ordinò che vi fossero gettate le immondizie della città ed anche i cadaveri dei giustiziati, che dovevano rimanere insepolti. Per distruggere i miasmi, vi si manteneva quasi sempre il fuoco acceso. Questo fatto diede a Gesù l'oc casione di prendere la Geenna come immagine dell'Inferno. 

3) 5. Paolo (1 Cor. 6,9-10) dice: «Non illudetevi: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti (omosessuali e lesbiche), né ladri, nè avari, nè ubbriaconi, né maldicenti, né rapaci, erediteranno il regno di Dio (cioè il Paradiso); 

4) In Gal. 5,19-21, l'Apostolo continua l'elenco: 
«fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizia, lite, gelosia, ire, ambizioni, discordie, divisioni, invidie, ubriachezze, orgie, e opere simili a queste: coloro che compiono tali opere non erediteranno il Regno di Dio (cioè il Paradiso)».
B - Insegnamento della Chiesa

1) I Concilii che hanno trattato la verità dell'esistenza dell'Inferno sono: il Concilio di Valenza, il IV Concilio Lateranense, III e il II Concilio di Lione, il Concilio di Firenze. Quest'ultimo, per esempio, afferma solennemente: «Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, vanno all'inferno». 

2) Nei Concilio Vaticano II, (Costituzione «Lumen Gentium», cap. 7, n. 48 d) s'insegna la necessità di una costante vigilanza perché «non ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove ci sarà pianto e stridore di denti... Noi tutti compariremo davanti al tribunale di Cristo, per rispondere ciascuno della sua vita mortale.., e alla fine del mondo “risorgeranno, chi ha operato il bene a resurrezione di vita, e chi ha operato il male a resurrezione di condanna (cioè all'Inferno)». 

3) Il Catechismo di S. Pio X, alle domande 103 e 104, risponde: «E' certo che esistono il Paradiso e l'inferno. Lo ha rivelato Dio, promettendo, spesse volte, ai buoni l'eterna vita e il suo stesso gaudio, e minacciando ai cattivi la pardizione e il fuoco eterno». 

4) Il Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1034 e 1035, dice: «Gesù parla ripetutamente del fuoco inestinguibile che è riservato a chi, fino alla fine della vita, rifiuta di credere e di convertirsi. La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, il fuoco eterno. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita, e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira».
L'inferno è eterno 

Che l'Inferno sia eterno è verità di fede definita nel IV Concilio Lateranense e nell Concilio di Lione. Il documento più importante sul carattere eterno della pena infernale è la scomunica scagliata, con l'approvazione del Papa Vigilio, dall'imperatore Giustiniano che nel 543 pose termine alla controversia Origenista: «Se qualcuno dice o ritiene che il supplizio dei demoni e degli uomini empi è temporaneo e avrà fine.., costui sia scomunicato» (Dz. 211).

Pene dell'inferno 

Le citate definizioni di fede distinguono nettamente due tipi di pene: la pena del «danno» che consiste nel la privazione di Dio, nostra felicità, e la pena del « senso». 
Come in Paradiso ci sarà «ogni bene senza alcun male», così nell'Inferno ci sarà «ogni male senza alcun bene». Nel Vangelo di S. Marco (16,28) l'Inferno è chiamato «luogo dei tormenti». 

Il Catechismo di S. Pio X afferma: «L'inferno è il patimento della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene». 
I peccatori hanno preferito a Dio Creatore le creature e tutte le soddisfazioni che essi potevano trovare in se stessi o negli altri. Perciò le stesse creature, le stesse potenze dell'anima, gli stessi sensi del corpo avranno il loro castigo e il loro tormento. Qualche accenno: 

a) pene dell'immaginazione. Essa presenterà al dannato tutti i piaceri e le delizie goduti sulla terra, ma ora finiti per sempre. Gli presenterà alla fantasia le immense gioie del Cielo, che per lui ormai sono ir raggiungibili. Per questo il dannato digrigna i denti e si consuma di rabbia; 

b) pene della memoria che ricorderà al dannato gli innumerevoli peccati con tutte le circostanze e le malizie che gli hanno meritato l'Inferno. Gli ricorderà tutte le grazie ricevute, tutti gli avvertimenti e i consigli... di cui, se ne avesse tratto profitto, ora non sarebbe in quel luogo di tormenti; 

c) pene dell'intelligenza. Sulla terra le passioni, l'ignoranza o la leggerezza molte volte possono offuscare la verità. Ma nell'Inferno le verità, sulle quali in vita si tentò di passare con indifferenza e disprezzo, saranno dinnanzi al dannato in tutta la loro evidenza. Dunque il peccato non era una cosa da nulla! L'Inferno non è una invenzione dei preti! Dio, della cui mise ricordia e bontà si è tanto abusato, c'è, esiste veramente! Ed ora lui non potrà più amare il buon Dio, ma dovrà odiarlo per sempre; 

d) pene della volontà. Non era tanto difficile salvarsi. Moltissimi altri, pur nelle stesse condizioni di vita, hanno adoperato i mezzi che Gesù Cristo ha lasciato alla Chiesa e si sono salvati. Dio, nella sua infinita misericordia, l'aveva richiamato fino all'ultimo istante della sua vita terrena, ma lui si è rifiutato: la sua scelta è stata fatta per sempre!; 

e) pene dei sensi. Dopo la resurrezione anche il corpo con tutti i suoi sensi parteciperà con l'anima ai tormenti infernali. Gli occhi non vedranno altro che volti spasimanti di dannati e di demoni dall'aspetto orribile. L'udito non ascolterà altro che lamenti, urla, imprecazioni e bestemmie. L'odorato sarà colpito dai fetori più nauseanti. Il gusto soffrirà una sete inestinguibile. Il tatto con tutto il corpo sarà tormentato dal fuoco: fuoco non metaforico o figurato, come viene interpretato da alcuni, ma fuoco vero, reale, di natura misteriosa che fa sentire i suoi effetti terrificanti non solo sul corpo, ma anche sull'anima, anche sui demoni, che sono puri spiriti senza corpo. Un fuoco che brucia sempre senza consumare mai! Un fuoco più terribile di quello della terra. Il fuoco terreno infatti è stato creato da Dio a nostro servizio, per il nostro bene, mentre il fuoco infernale è stato creato a castigo di Satana e dei suoi angeli ribelli.

Altre pene dei dannati: 

la compagnia dei demoni che sfogheranno su di loro il loro odio contro Dio, torturandoli per tutta l'eternità; 

la compagnia dei dannati. Se per qualche circostanza ci capita di trovarci tra persone ineducate, dal un guaggio volgare e blasfemo; con persone sporche, male odoranti; con persone che ci guardano con occhio bieco e ostile, ecc., con quale ansia non aspettiamo l'occasione e il momento di sottrarci a quella insopportabile situazione! Ebbene nell'Inferno il dannato si troverà in una situazione immensamente più infelice ed eterna in compagnia di dannati molto più spregevoli e che si odiano l'un l'altro con grande accanimento.

Le pene dell'inferno sono continue e disuguali 

Come le gioie del Paradiso, così le sofferenze dell'Inferno, per quanto intense, non conoscono interruzione alcuna. Sulla terra le distrazioni, il sonno, i rimedi, possono diminuire la coscienza del dolore. Nell'inferno i dannati non conoscono sonno, né distrazioni, né sollievo: l'Inferno è continuità nella piena coscienza della propria sventura eterna. 
Come in Paradiso i godimenti dei Beati non sono uguali, ma proporzionati ai loro meriti, così nell'Inferno le sofferenze dei dannati non sono uguali, ma proporzionate ai loro peccati.

L'inferno non è vuoto 

Oggi ci sono alcuni che dicono: l'Inferno c'è, però, non ci va nessuno perché Dio è infinitamente buono e misericordioso; è nostro Padre e quindi ci salverà tutti. 
Qui ci sarebbe tanto da dire, ma, per non allungare troppo l'argomento, non dobbiamo dimenticare che Dio è infinitamente misericordioso per chi si pente e si converte, ma è pure infinitamente giusto per chi, fino all'ultimo istante della sua vita terrena, rifiuta la sua grazia, rifiuta il richiamo che l'invita al pentimento. All'Inferno ci va chi ci vuole andare. Diceva Gesù a un'anima privilegiata, Suor Consolata Betrone: «L'impenitenza finale è per quell'anima che vuole andare all'Inferno di proposito e quindi riostinatamente la mia immensa misericordia, perché io ho versato il mio Sangue per tutti! No, non è la moltitudine dei peccati che danna l'anima, perché io li perdono se essa si perite, ma è l'ostinazione a non volere il mio perdono, a volersi dannare». 

Che l'inferno non sia vuoto ce lo conferma la Vergine Santissima a Fatima. Nella quarta apparizione, domenica 19 agosto 1917, la Madonna, velata di tristezza, dice ai tre fanciulli (Lucia, Giacinta e Francesco): 

«Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori. Badate che molte, molte anime vanno all'inferno, perché non c'è chi si sacrifichi e preghi per loro». 

Concludiamo l'argomento dell'Inferno riportando l'episodio del Papa Pio IX. Verso la fine del suo glorioso pontificato, il Papa raccomandava a un Missionario francese:

«Predicate molto le grandi verità della salvezza, predicate specialmente l'Inferno. Dite chiaramente tutta la verità sull'Inferno, non c'è nulla di più efficace per far riflettere i poveri peccatori e convertirli».





L'INFERNO RIVELATO AD ALCUNE ANIME MISTICHE SANTE E BEATE
Le "visioni" dei Santi

Visioni e apparizioni appartengono ai fenomeni mistici straordinari, di cui parlano innumerevoli mistici e teologi.

Esistono non poche descrizioni dell'inferno fatte da Santi, che lo hanno visto o sperimentato per volere superno.

Prima di presentarne alcune, però, ci sembra opportuno offrire prima delle nozioni sommarie e chiedersi che valore teologico dare a queste "rivelazioni", supposto che si siano veramente verificate.



1. Si tratta di rivelazioni private

Da notare prima di tutto che dette visioni o apparizioni sono dette rivelazioni private non perché non siano o non debbano essere a vantaggio di tutta la Chiesa, ma nel senso che ad esse, non facendo parte di quelle verità di fede, necessarie per conseguire la salvezza, si potrebbe anche non prestare fede. "E quando la Chiesa le approva, non ci obbliga a crederle, ma solo permette, come dice Benedetto XIV che siano pubblicate ad istruzione ed edificazione dei fedeli; onde l'assenso che vi si deve prestare non è atto di fede cattolica, ma atto di fede umana fondato sull'essere queste rivelazioni probabili e piamente credibili" (Siquidem hisce revelationibus taliter approbatis, licet non debeatur nec possit adhiberi assensus (idei catholicae, debetur tamen assensus (idei humanae, juxta prudentiae regulas, juxta quas nempe tales revelationes sunt probabiles pieque credibiles De servorum Dei beatificatione, 1. 11, c. 32, n. 11).

2. Natura di queste apparizioni o visioni

La visioni "sono percezioni soprannaturali di oggetti naturalmente invisibili all'uomo".

E cioè accade che alcune anime vedano, per un intervento superiore, delle realtà che ordinariamente non sono viste dagli altri uomini: visioni, per es., di Santi, di defunti, di anime del purgatorio o di dannati, ecc.

Le visioni sono di tre specie: sensibili, immaginarie e intellettuali. "Le visioni sensibili o corporali od oculari, che si dicono anche apparizioni, sono quelle in cui i sensi percepiscono una cosa reale naturalmente invisibile all'uomo".

E cioè visioni e apparizioni possono avvenire "per mezzo dei sensi corporali esteriori; per questo, tali visioni si chiamano corporee. Possono succedere in due maniere. L'una è propriamente e veramente corporea, cioè quando con corpo reale e dotato di peso si presenta alla vista o al tatto qualche cosa dell'altra vita, come Dio, un angelo, un Santo, il demonio, un'anima o altro. Si forma a tale scopo, per opera e virtù degli angeli buoni o cattivi, qualche corpo immateriale ed apparente, il quale, benché non sia corpo naturale e vero di colui che rappresenta, è veramente un corpo di aria condensata con le sue dimensioni quantitative".

Un'altra maniera di visione corporea "sono certe immagini di corpo, di colore e simili, che un angelo può causare negli occhi alterando l'aria circostante. Colui che le riceve giudica di vedere qualche corpo reale presente, mentre esso non c'è e ci sono solo immagini con le quali si altera la vista con un inganno ad essa impercettibile.

Questo genere di visioni illusorie non è proprio degli angeli buoni né delle apparizioni divine, anche se è possibile che lo sia e tale poté essere la voce che udì Samuele (Cf 1 Re 3,4). Ordinariamente, però, le simula il demonio per quello che contengono di inganno, specialmente per gli occhi" (448­449).

"Nella Scrittura si trovano molte visioni corporee avute dai Santi e dai Patriarchi. Adamo vide Dio rappresentato dall'angelo (Cf. Gen 3,8), Abramo i tre angeli (Cf.Gen 18,1-2), Mosè il roveto e molte volte il Signore stesso (Cf. Es 3,2). Hanno avuto molte volte visioni corporee ed immaginarie anche dei peccatori, come Caino (cf. Gen 4,9) e Baldassar che vide la mano sul muro (Cf Dan S,5)".

Le visioni invece immaginarie o immaginative "sono quelle prodotte da Dio o dagli angeli nell'immaginazione sia nella veglia sia nel sonno". Visioni immaginarie se ne trovano nella S. Scrittura per es., il Faraone ebbe quella delle vacche (cf. Gen 41,1 ss) e Nabucodonosor quella dell'albero (Cf Dan 4,1 ss) e della statua (Cf Dan 2,1 ss.), ed altre simili.

A proposito delle visioni puramente spirituali, così si esprime S. Giovanni della Croce: 

"Parlando... delle visioni che sono puramente spirituali, senza cioè il mezzo e l'opera di alcun senso del corpo, dico che due sorta di visioni possono cadere nell'intelletto: le une sono visioni di sostanze corporee; le altre, di sostanze separate o incorporee. Le prime sono intorno a tutte le cose materiali che esistono in cielo e in terra, e che l'anima può vedere anche stando nel corpo, mediante una certa luce soprannaturale derivata da Dio, nella quale può scorgere le cose del cielo e della terra in loro assenza, come leggiamo essere avvenuto a S. Giovanni che nell'Apocalisse descrive le bellezze della celeste Gerusalemme che vide in cielo...".

"Ma le altre visioni di sostanze incorporee, vale a dire di angeli e di anime, non si possono vedere neanche mediante quel lume derivato, ma con un altro più alto che si chiama lume di gloria; e perciò queste visioni di sostanze incorporee non sono proprie di questa vita, né si possono vedere in corpo mortale".

Quanto alle visioni intellettuali di sostanze corporee che "spiritualmente si ricevono nell'anima, dico che esse sono a guisa delle visioni corporee; poiché, come gli occhi vedono le cose materiali mediante la luce naturale, così l'anima mediante il lume soprannaturale derivato dall'alto, vede interiormente con l'intelletto queste medesime cose naturali ed altre ancora come a Dio piace; se non che c'è differenza nel modo di percepirle, poiché le spirituali e intellettuali accadono in modo assai più chiaro e sottile che non le corporee.

Quando Dio vuol fare all'anima questa Grazia, le comunica quella luce soprannaturale che abbiamo accennata, in cui con la massima facilità e chiarezza vede le cose che Dio vuole, ora del cielo, ora della terra, senza che fac­cia ostacolo o importi l'assenza o presenza loro. Il che avviene, alle volte, come se si aprisse una risplendentissima porta, per la quale si vedesse una luce a guisa di un lampo che in una notte buia all'improvviso illumina gli oggetti, li fa vedere chiari e distinti, e subito li lascia di nuovo all'oscuro, quantunque le loro forme e figure restino impresse nella fantasia.

Ciò accade nell'anima molto più perfettamente; perché le cose vedute con lo spirito in quella luce le restano impresse in tale maniera che, ogni volta che vi fa avvertenza, torna a vederle in sé come prima; in quella guisa appunto che in uno specchio si scorgono le figure che vi sono rappresentate, ogni volta che alcuno torni a mirarvi. Ed è da notarsi che le forme delle cose vedute, giammai si cancellano interamente dall'anima, quantunque con l'andar del tempo si vadano un po' affievolendo".

I mistici ci istruiscono sul modo con cui avvengono le visioni immaginarie e corporee:

"Si formano per mezzo di immagini sensibili, causate o mosse nell'immaginazione o fantasia, le quali rappresentano gli oggetti in modo materiale e sensitivo, come cosa che si guarda con gli occhi del corpo, si ascolta, si tocca o si gusta. Sotto questa forma di visioni i profeti dell'antico Testamento - particolarmente Ezechiele, Daniele e Geremia - manifestarono grandi misteri che l'Altissimo rivelò loro per mezzo di esse. In simili visioni l'evangelista Giovanni scrisse la sua Apocalisse".

"Ma le altre visioni di sostanze incorporee, vale a dire di angeli e di anime, non si possono vedere neanche mediante quel lume derivato, ma con un altro più alto che si chiama lume di gloria; e perciò queste visioni di sostanze incorporee non sono proprie di questa vita, né si possono vedere in corpo mortale".

Le visioni dell'inferno da parte di Santi o di anime elette sono, senza dubbio visioni sensibili e immaginarie. Essi hanno visto e toccato e sofferto nel corpo e nell'anima.

3. Che valore attribuire alle apparizioni o visioni

Le visioni che ci occupano qui provengono da Dio o sono frutto di menti esaltate o malate di schizofrenia o di isterismo e simili? O frutto magari di immaginazione già imbottita di immagini, da qualsiasi parte derivate o attinte? Il quesito, pur importante, interessa qui fino ad uno punto. Perché a parte il fatto che almeno alcune si presentano come chiaramente di origine soprannaturale; in effetti anche quelle che potrebbero spiegarsi naturalmente, sono in piena sintonia con i dati rivelati, come vedremo. Stando così le cose, dette visioni o apparizioni, se veramente si sono verificate, hanno lo stesso valore che hanno tutte le rivelazioni private. E cioè quello di confermare in qualche modo il dato rivelato, e quello di ricordare agli immemori certe verità, dalle quali facilmente si evade non solo per la naturale smemoratezza dell'uomo, ma anche e spesso per il disagio che esse comportano e per le conclusioni alle quali perentoriamente conducono, ecc.

Da chiedersi pure: quanto detto dai Santi sull'inferno è frutto di visioni o di vere e proprie "discese" nell'inferno?

Per varie di queste testimonianze c'è da pensare che, più che visioni, si sia trattato anche di realtà, giacché i protagonisti sono "portati" nell'inferno, soffrendo enormemente. Reale discesa percepita come tale dagli stessi demoni. A vedere S. Veronica Giuliani nell'inferno, Satana urla furibondo ai suoi ministri: "Via l'intrusa che ci accresce i tormenti!". Certo non ci sappiamo spiegare come è possibile scendere nell'inferno da vivi, condividendo le stesse sofferenze dei dannati. Ma l'importante non è tanto sapere come si è discesi nell'inferno, ma quanto si è visto e sperimentato. Il non sapersi spiegare un fenomeno, - bisogna ribadirlo una volta di più - non può essere un motivo sufficiente per negarlo o per spiegarlo in modo chiaramente e volutamente distorto.

4. Perché si verificano detti fenomeni

Ci si potrebbe domandare pure il perché di tali fenomeni. Lo si diceva già a proposito del loro valore in confronto della rivelazione pubblica. Dio non opera che per amore. E l'amore ricorre a tutti i mezzi per salvare chi si ama. E perciò anche attraverso le visioni o le apparizioni, il Signore richiama alla realtà delle cose perché non si resti ammaliati da colori e apparenze ingan­natrici. E purtroppo - noi lo sappiamo bene per esperienza, sono tanti coloro che vanno dietro a vere e proprie illusioni e suggestioni.

Si capisce allora che anche questi interventi dall'alto sono espressione di vera e propria misericordia. Con l'oscurarsi soprattutto di verità di fede di grande importanza, detti interventi straordinari aiutano enormemente a ritrovare la via della verità. Da notare, in conclusione, che visioni e apparizioni non possono confondersi con immaginazioni di fantasia, pura creazione del soggetto che opera. Sulla pur grandiosa concezione immaginaria de La Divina Commedia si può anche non consentire, trattandosi appunto di immaginazio­ne poetica. Molto più difficile non consentire con le visioni dei Santi, che presentano una realtà che eccede anche ogni possibile immaginazione.
L'inferno visto dai Santi

Ma è tempo di sentire e analizzare quanto ci dicono i Santi con le loro visioni o apparizioni. Ci fermeremo naturalmente solo ad alcuni, privilegiando soprattutto Santi più vicini a noi per il tempo e per la cultura. E questo anche per non perdersi dietro racconti o episodi non del tutto storicamente accertati o addirittura leggende e miti, da non prendere in considerazione.








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