Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

domenica 24 agosto 2014

XI Domenica dopo Pentecoste


Di ritorno dalla regione di Tiro, Gesù passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».



A.Di J. innova


Sia lodato Gesù Cristo!


La Messa di questa domenica è un inno all'onnipotenza e alla misericordia di Dio.Ogni miracolo del Signore manifesta la sua potenza e la sua bontà ed è prova di ciò che la Grazia produce nelle anime.La Chiesa nel Battesimo, ripete ad ogni nuova nascita il gesto compiuto da Gesù sul sordomuto e come Cristo comanda:"Effetà!" "Apriti alla Grazia".Il compito della Chiesa è da sempre quello di dire agli uomini di aprirsi alle cose di Dio. Nel corso della sua bimillenaria storia essa ha ripetuto ininterrottamente e fedelmente il kerigma trasmesso dagli Apostoli che dichiara la regola della Fede: anzitutto il fondamento della Fede ossia la morte redendentrice di Gesù e la sua gloriosa resurrezione. La Chiesa predica la buona novella a ogni nazione, popolo e lingua, e ripete San Paolo nell'epistola ai Corinti, che la vittoria di Cristo sul peccatto e sulla morte ha rinchiuso Satana all'inferno e restituito a noi la possibilità di andare in Paradiso.Quella della Chiesa è una perenne missione di anamnesi e kerigma, di ricordo e annuncio.l'uomo che sa scandagliare la propria interiorità avverte ogni giorno l'insufficienza della propria intelligenza e della propria volontà nel raggiungere gli scopi che si propone, vede ogni suo slancio cadere sempre al di qua del bersaglio. Un indefinito dolore accompagna e inquieta le conquiste del pensiero e dell'azione umana.Questo senso di inappagamento psicologico cresce insieme con la coscienza del peccato. Popoli e culture ne hanno sempre avvertito il pungolo esprimendone il dolore in miti, leggende, inni e riti. I miti dei benefattori dell'umanità, quello di Gilgamesh, quello di Ercole e Teséo, i sistemi filosofici e religiosi (da quello di Budda a quello di Zaratustra, dal Pitagorismo al Neoplatonismo) esprimono l'aspirazione di liberazione che assilla l'umanità stanca e peccatrice. Anche il Messianismo ebraico incarna questo desiderio. La coscienza del peccato non è un retaggio dei popoli primitivi: anzi più la civiltà cresce più si fa viva e dolorosa la coscienza del peccato. Però, oggi, se sottomettiamo lo sviluppo della nostra civiltà anzi ne sta accellerando il regresso, il ritorno alla caverna, il ritorno al barbaro scontro tribale dove clava e scimitarra tornano a farla da padroni,fino alla più completa dissoluzione. L'Occidente si mostra tremendamente distratto -una distrazione che però potrebbe costargli molto cara- una distrazione che è ammissione esplicita di perdita di memoria, d'incapacità d'articolare l'ABC della propria FEDE e della propria cultura, di mancanza di comprensione dei segni della dissoluzione, quindi l'inadeguatezza nella risposta e nella reazione. La Fede ci conferma che Cristo realizza in sé e nell'opera sua l'autentico messianismo ebraico e gli aneliti di liberazione e di salvezza, che fanno fremere dolorosamente le fibre dell'umanità in tutti i secoli. Il nome di Salvatore impostogli da Dio per mezzo dell'Angelo-perchè questo significa Gesù-(Mt1,21)è anche il suo programma. Il messaggio evangelico è dunque questo: chi vuole salvarsi aderisca a Cristo e viva in Lui. Sarà salvo chi confesserà ogni giorno con San Pietro:<<Non è stato dato sotto il cielo altro nome (da quello di Cristo), in cui ciascuno di noi possa e debba salvarsi>>(At4,12) chi dirà con San Paolo:" Mihi vivere Christus est".L'inesauribile ricchezza, con cui la Rivelazione scritta presenta la Redenzione di Cristo, si riversa nella tradizione. I Padri della Chiesa ne hanno sottolineato ora quest'elemento ora quell'altro fino a San Tommaso d'Acquino che individuò nell'opera del Redentore i tre elementi essenziali del dolore, dell'amore e della giustizia. Il dolore è l'elemento materiale, l'amore è l'elemento formale, la giustizia è l'elemento che ordina e dirige. Una sintesi della Redenzione che risponde esattamente all'analisi del peccato maturata dalla tradizione cristiana: il peccato è disordine soggettivo (odio) e oggettivo (iniquità):l'odio è superato ed eliminato dall'amore e dal merito, l'iniquità dal dolore e dalla soddisfazione espiatrice. Questa armonica sintesi è divenuta Magistero che offre alla Chiesa i termini e i concetti adatti a difendere il messaggio della salvezza dalla deformazione dalle eresie. Fra le eresie la più insidiosa e distruttrice è quella scoppaiata con Lutero perchè essa non insidia, come le altre, un solo mistero della Fede,Dio nella costituzione o nella sua opera creatrice o nella sua incarnazione, non mina la salvezza solo dal punto di vista dogmatico, ma anche da quello psicologico e definita al Concilio di Trento e ribadita al Vaticano I,(1868) che non segna un ritorno al pelagianesimo come affermano tavolta alcuni storici razionalisti e protestanti.La paradossalità del luteranesimo vive ancora nella cosidetta "teologia della crisi" di Karl Barth che, alla pari del titanismo di Nietzsche, non scaturisce dal Vangelo, ma dal pessimismo luterano. Fatto salvo il concetto di Dio, tutto ciò coincide con la degenerazione esistenziale di Jaspers e Paul Sartre, l'annichilitore della vita umana.Questo pensiero si è infiltrato anche in ambito cattolico producendo però " la crisi della teologia" che è divenuta crisi della prassi. Sulla scena del mondo e, ai piedi della croce, la Chiesa Cattolica custodisce e dispensa il balsamo della salvezza per l'umanità tradita da Satana e dai suoi seguaci. Ancora l'Anticristo sbandiera un'altra salvezza: quella dell'uomo che si salva da sé, del sordomuto che dovrebbe autoguarirsi. Un umanismo spietato che propala la negazione di Dio o per ateismo o per panteismo o per relativismo.Non ci sono liberatori e redentori in Occidente e dall'Oriente vediamo salire ora orde di fanatici! La salvezza è solo Cristo nel mistero del suo dolore e del suo amore; Cristo che diventa uomo senza smettere di essere Dio, Cristo che unendosi all'umanità si carica delle sue colpe per espiarle col suo sangue; Cristo che nella tragedia sanguinosa del suo amore e del suo dolore coinvolge l'umanità peccatrice per guarirla. Per attingere alla sua salvezza, cari fratelli, dobbiamo vivere di Lui, sedere con Lui alla sua mensa del Cenacolo per mangiare la sua carne e bere il suo sangue; dobbiamo scendere al Getsemani e salire al Calvario, fino ai piedi della croce per crocifiggerci, come san Paolo, con Lui, morire con Lui e risorgere con Lui ogni giorno in una novità di vita fa sgorgare la pace della soddisfazione della giustizia e la gioia nel desiderio di donarsi agli altri. Questa è la salvezza cristiana che ci testimoniano i cristiani e i martiri dell'Iraq. Il fatalismo cosmico e storico di un Occidente stordito deve nuovamente riconoscerlo e accoglierlo se non vuol soccombere nella propria follia: è compito della Chiesa gridarlo anche oggi forte e con convinzione. 
Sia Lodato Gesù Cristo!




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