Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

martedì 30 settembre 2014

In che consista la perfezione cristiana. Per acquistarla bisogna combattere. Quattro cose necessarie per questa battaglia( III-V capitoli)

CAPITOLO III

La confidenza in Dio


Benché in questa battaglia, come abbiamo detto, sia tanto necessaria la diffidenza di sé, tuttavia, se l'avremo sola, o ci daremo alla fuga o resteremo vinti e superati dai nemici; e perciò oltre a questa ti occorre ancora la totale confidenza in Dio, da lui solo sperando e aspettando qualunque bene, aiuto e vittoria. Perché siccome da noi, che siamo niente, non ci è lecito prometterci altro che cadute, onde dobbiamo diffidare del tutto di noi medesimi, così grazie a nostro Signore conseguiremo sicuramente ogni gran vittoria purché, per ottenere il suo aiuto, armiamo il nostro cuore di una viva confidenza in lui. E questa parimenti in quattro modi si può conseguire.
Primo: col domandarla a Dio.
Secondo: col considerare e vedere con l'occhio della fede l'onnipotenza e la sapienza infinita di Dio, al quale niente è impossibile (cfr. Lc 1,37) né difficile; e che essendo la sua bontà senza misura, con indicibile amore sta pronto e preparato a dare di ora in ora e di momento in momento tutto quello che ci occorre per la vita spirituale e la totale vittoria su noi stessi, se ci gettiamo con confidenza nelle sue braccia. E come sarà possibile che il nostro Pastore divino, il quale trentatré anni ha corso dietro alla pecorella smarrita con grida tanto forti da diventarne rauco e per via tanto faticosa e spinosa da spargervi tutto il sangue e lasciarvi la vita, ora che questa pecorella va dietro a lui con l'obbedienza ai suoi comandamenti oppure con il desiderio benché alle volte fiacco di obbedirgli, chiamandolo e pregandolo, come sarà possibile che egli non volga ad essa quei suoi occhi vivificanti, non l'oda e non se la metta sulle divine spalle facendone festa con tutti i suoi vicini e con gli angeli del cielo? Che se nostro Signore non lascia di cercare con grande diligenza e amore e di trovare nella dramma evangelica il cieco e muto peccatore, come sarà possibile che abbandoni colui che come smarrita pecorella grida e chiama a suo Pastore? E chi crederà mai che Dio, il quale batte di continuo al cuore dell'uomo per il desiderio di entrarvi e cenarvi comunicandogli i suoi doni, faccia egli davvero il sordo e non vi voglia entrare qualora l'uomo apra il cuore e lo inviti (cfr. Ap 3,20)?


Il terzo modo per acquistare questa santa confidenza è il ricorrere con la memoria alla verità della sacra Scrittura, la quale in tanti luoghi ci mostra chiaramente che non restò mai confuso colui che confidò in Dio.
Il quarto modo, che servirà per conseguire insieme la diffidenza di te stessa e la confidenza in Dio, è questo: quando ti capita qualcosa da fare e di intraprendere qualche battaglia e vincere te stessa, prima che ti proponga o ti risolva di volerla fare rivolgiti con il pensiero alla tua debolezza e, diffidando completamente, volgiti poi alla potenza, alla sapienza e alla bontà divina. E in queste confidando, delibera di operare e di combattere generosamente; ma come nel suo luogo dirò, combatti e opera poi con queste armi in pugno e con l'orazione. E se non osserverai quest'ordine, anche se ti parrà di fare ogni cosa nella confidenza in Dio, ti troverai in gran parte ingannata: infatti è tanto sottile e tanto propria all'uomo la presunzione di se medesimo, che subdolamente quasi sempre vive nella diffidenza che ci pare di avere di noi stessi e nella confidenza che stimiamo di avere in Dio.
Perché tu fugga quanto più sia possibile la presunzione e operi con la diffidenza di te stessa e con la confidenza in Dio, fa in maniera che la considerazione della tua debolezza preceda la considerazione dell'onnipotenza di Dio e ambedue precedano le nostre opere.

CAPITOLO IV

Come possa conoscersi se l'uomo opera con la diffidenza di sé e con la confidenza in Dio


Alle volte pare assai al servo presuntuoso d'aver ottenuto la diffidenza di sé e la confidenza in Dio, ma non sarà così. E di ciò ti darà chiarezza l'effetto che produrrà in te la caduta.
Se tu dunque, quando cadi, t'inquieti, ti rattristi e ti senti chiamare a un certo che di disperazione di poter andare più innanzi e di far bene, è segno certo che tu confidavi in te e non in Dio. E se molta sarà la tristezza e la disperazione, molto tu confidavi in te e poco in Dio: infatti colui che in gran parte diffida di se stesso e confida in Dio, quando cade non si meraviglia, non si rattrista né si rammarica conoscendo che ciò gli capita per sua debolezza e poca confidenza in Dio. Anzi più diffida di sé, assai più umilmente confida in Dio; e avendo in odio sopra ogni cosa il difetto e le passioni disordinate, causa della caduta, con un dolore grande, quieto e pacifico per l'offesa di Dio, segue poi l'impresa e perseguita i suoi nemici fino alla morte con maggior animo e risoluzione.
Queste cose vorrei che fossero ben considerate da certe persone che si dicono spirituali. Quando esse sono incorse in qualche difetto, non possono né vogliono darsi pace; e alle volte, più per liberarsi dall'ansietà e dall'inquietudine dovute all'amor proprio che per altro, non vedono l'ora di andare a trovare il padre spirituale, dal quale dovrebbero andare principalmente per lavarsi dalla macchia del peccato e prendere forza contro di esso con il santissimo sacramento dell'eucaristia.

CAPITOLO V

Un errore di molti, dai quali la pusillanimità è tenuta per virtù


In questo ancora si ingannano molti, i quali attribuiscono a virtù la pusillanimità e l'inquietudine che seguono dopo il peccato, perché sono accompagnate da qualche dispiacere: ma essi non sanno che nascono da occulta superbia e presunzione fondate sulla confidenza in se stessi e nelle proprie forze nelle quali, perché si stimavano qualche cosa, avevano eccessivamente confidato. Costoro, scorgendo dalla prova della caduta di sbagliare, si turbano e si meravigliano come di cosa strana e diventano pusillanimi, vedendo caduto per terra quel sostegno in cui vanamente avevano riposto la loro confidenza.
Questo non accade all'umile, il quale, confidando nel suo solo Dio e in niente presumendo di sé, quando incorre in qualsiasi colpa, pur sentendone dolore, non se ne inquieta o se ne meraviglia: egli sa che tutto ciò gli avviene per sua miseria e propria debolezza da lui molto ben conosciute con lume di verità.

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