Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

martedì 7 ottobre 2014

Chi nega il “principio di non contraddizione” perde anche la “sinderesi” e “il ben dell’intelletto”

IL SINODO KASPERIANO
di Don Curzio Nitoglia



Quando si nega il principio primo speculativo di identità e non contraddizione (sì = sì, no = no, sì ≠ no), immancabilmente si perde - prima o poi - anche il principio primo di ordine morale, ossia la sinderesi (“bonum faciendum, malum vitandum”), che riposa su quello di identità (bene = bene, male = male, bene ≠ male), come l’agire riposa sull’essere e il modo di agire sul modo di essere; per cui - alla fine - si perde la nozione di bene e di male, li si confonde e si scambia il male per il bene, la destra per la sinistra, il giorno per la notte e viceversa. “Quos Deus vult perdere prius demendat”.

In questi tristissimi tempi anche nell’ambiente ecclesiale più alto (“Sinodo sui Sacramenti ai divorziati” diretto dal cardinal Walter Kasper & da papa Bergoglio) si è persa la ragione speculativa e pratica e quindi si scambia il sì col no, il bene col male e si pretende di poter dare i Sacramenti anche a coloro che non hanno la volontà ferma di lasciare il peccato. Purtroppo è un fatto e “contro il fatto non vale l’argomento”. 
Se Pio XII lamentava che il mondo moderno aveva perso il senso del male e del peccato, oggi il mondo ecclesiale post-conciliare e post-moderno vorrebbe rendere addirittura ‘bene’ ciò che è ‘male’ e ‘male’ ciò che è ‘bene’.

Le ultime vicende del cardinal Kasper & di papa Francesco

Le ultime vicende del “Sinodo sui Sacramenti da conferirsi ai pubblici peccatori”, che si ostinano a restare nel peccato sono di dominio pubblico e sono caldeggiate dai media. Stando così le cose non si può non affrontarle studiando il male nelle sue radici e nelle sue ultime manifestazioni per risalire alla sua causa e poterlo guarire.
Il caso del Sinodo attuale non può non farci pensare e risalire al “Catechismo” della Conferenza episcopale belga, diretta dal cardinal Daneeels, promulgato nel 1984 (1), che si presentava come un aggiornamento del “Catechismo” olandese, al quale lavorò il domenicano super-modernista padre Edward Schillebeeckhx attorno al 1968, anno in cui anche l’intera Conferenza episcopale francese si schierava contro l’Enciclica Humane vitae di Paolo VI e si pronunciava a favore della contraccezione. 
Come mai si è potuti arrivare a tanto? 
È semplice, come si è visto sopra, quando si nega il principio per sé noto speculativo di identità e non contraddizione si perde anche il principio per sé noto di ordine pratico o la sinderesi, che riposa su quello di identità; per cui si smarrisce la nozione di bene e di male, li si confonde e si prende il male per bene e viceversa. “Chi perde la fede perde la testa”. 

Il principio d’identità, che ha retto e diretto la filosofia classica da Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone, Seneca sino a quella patristica (Sant’Agostino), alla scolastica (san Bonaventura e San Tommaso d’Aquino) e alla neo-scolastica (2), è stato negato nell’antichità dai sofisti ed ha caratterizzato il fulcro della filosofia moderna soprattutto hegeliana, la quale si basa sulla contraddittorietà (tesi/antitesi/sintesi) quale mezzo per giungere alla conoscenza filosofica. 
Le conseguenze pratiche, etiche e morali di tale rifiuto sono state tratte soprattutto dalla filosofia post-moderna e contemporanea a partire da Nietzsche (3), Marx e Freud, secondo la quale bisogna sovvertire il sistema di valori morali classici e cristiani per sostituirgliene uno diametralmente opposto, che ritenga bene ciò che era male e male ciò che era bene. Quindi si può fare la seguente equazione: il Vaticano II sta alla Modernità illuminista come il Nichilismo della Post-modernità sta al Post-concilio e specialmente al “Bergoglismo” a-teologico e iper-pastorale.
Infatti il Concilio Vaticano II ha voluto dialogare e far propria la Modernità come categoria filosofica (4) e nel Post-concilio non solo qualche teologo, ma i “periti conciliari” più rinomati (creati poi cardinali) ed intere Conferenze episcopali hanno tirato delle conclusioni sia in campo dogmatico che morale, le quali sono paragonabili allo spirito del Sessantotto, preparato dalla Scuola di Francoforte e dallo Strutturalismo francese (5). 

I “valori” autonomi o soggettivi della Modernità sono stati annichilati dalla Post-modernità, la quale ha reso alla filosofia moderna ciò che essa aveva fatto alla filosofia classica e scolastica. Se la Modernità ha cancellato la oggettività e realtà ontologica di Dio e dell’aldilà, la Post-modernità ha voluto distruggere persino l’idea soggettiva dell’ultra mondano.
Addirittura con Francesco I si è passati dai “valori” soggettivi o autonomi della Modernità aicontro-valori della Post-modernità, il “bene” soggettivo e puramente umano è diventato un contro-valore o un male da schiacciare, dalla morale autonoma o della situazione si è passati all’immoralismo teorico/pratico per principio, il bene è diventato male e il male bene. 
Francesco I lo ha dichiarato nella sua prima intervista a Eugenio Scalfari: 

“Il Vaticano II, ispirato da papa Giovanni e da Paolo VI, decise di guardare al futuro con spirito moderno e di aprire alla cultura moderna. I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l’umiltà e l’ambizione di volerlo fare” (Repubblica, 1° ottobre 2013, pag. 3).

Purtroppo Giovanni XXIII e il Vaticano II invece di guarire l’uomo ferito dal peccato originale, hanno cercato di minimizzare e di assecondare le false idee e di rilassare i precetti morali che il Vangelo contiene ed “hanno reso la piaga cancrenosa”, come dice il proverbio.
Come si può facilmente scorgere il Neo-modernismo è ben peggiore del Modernismo (come la Post-modernità lo è per rapporto alla Modernità), poiché ha rimpiazzato la pur debole “idea soggettiva” di “bene” con il male voluto scientemente e per principio. In breve l’Ultramodernismo porta al parossismo suicida l’errore nichilistico del Neomodernismo. 

L’attuale situazione della Chiesa è un vero tormento e non ci deve portare a disprezzare la figura del Papa in quanto tale né il Papato, anzi dobbiamo difenderli quando sono attaccati da coloro (v. Dichiarazione dell’Onu del 5 febbraio 2014) che li odiano in quanto tali, nonostante le edulcorazioni e gli annacquamenti che sono stati apportati per rendersi simpatici all’uomo contemporaneo (“quando il sale diventa insipido viene buttato via e calpestato”). 
Nello stesso tempo è lecito mostrare con rispetto le divergenze tra la Tradizione costante della Chiesa e l’insegnamento pastorale oggettivamente innovatore, della kasperiana “evoluzione eterogenea” della pastorale e quindi implicitamente del dogma, poiché Kasper si basa sull’errore modernista della “Tradizione vivente” e quindi cangiante, mentre “vivente” è solo il Magistero nella persona del Pontefice regnante (e quindi fisicamente vivente) e non la Tradizione, il dogma e la morale, le quali possono essere approfondite nello stesso senso o omogeneamente, ma mai evolvere eterogeneamente o in senso sostanzialmente diverso. 

Avendo abbandonato la morale naturale e oggettiva per aderire alla “morale della situazione” e al Modernismo ascetico, il Teilhardismo (sin dagli anni Venti-Trenta), la pastorale del Concilio Vaticano II (1962-1965) e il primato della prassi della super-pastoralità del Post-concilio (1965-2014) hanno aperto la porta alla forza propulsiva e annichilatrice delle passioni disordinate. Non si è voluto più insegnare a sublimare, dominare, padroneggiare le passioni per finalizzarle al bene, ma, sotto pretesto di non “reprimere”, le si è lasciate in balìa del disordine, che porta l’uomo ad agire male. 
In verità nell’uomo, dopo il peccato originale, vi sono delle tendenze o inclinazioni disordinate, che lo spingono al male. Esse sono la Tre Concupiscenze: “Orgoglio, Avarizia e Lussuria”. Quindi l’educazione delle passioni o istinti sensibili umani è di capitale importanza. Non si tratta di annullarle o reprimerle, ma di educarle e subordinarle all’intelletto e alla volontà e ultimamente alla grazia (6). 

Ecco come si è giunti al “Catechismo” olandese, belga e all’attuale “Sinodo della pastorale sacramentale” (ottobre 2014-ottobre 2015) diretto da Kasper & Bergoglio. 
Bisogna vivere come si pensa (Fede e Buone Opere), altrimenti si finisce per pensare (luteranamente) come si vive (“pecca fortiter sed fortius crede”). Certe teorie incresciose (dare i Sacramenti ai peccatori pubblici, che si ostinano nel peccato e non lo vogliono lasciare) sono stati pianificate e pensate dal Teilhardismo (“l’eterno femminino”), dal Vaticano II (“connubio spurio con la modernità antropo-centrica dei senza Dio”) e dal Post-concilio (“connubio spurio con la Post-modernità nichilistica dei contro Dio”). 
Ora un errore (Vaticano II) non si corregge con un altro errore (“il Concilio Vaticano III” di Martini, Rahner, Schillebeeckhx, Küng, Kasper & Bergoglio) o con una mezza verità (“l’ermeneutica della continuità balthasariana conclamata da Benedetto XVI, però non provata” (7)), ma con la verità integralmente affermata e vissuta. “Instaurare omnia in Christo”.

Quando dopo l’Umanesimo e il Rinascimento scoppiò la rivolta protestante, la Chiesa si interrogò e capì che le false idee e i costumi rilassati umanistico/rinascimentali si erano infiltrati nel clero e nel popolo cattolico e volle riformarsi tramite il Concilio di Trento, nel quale la Somma Teologica di san Tommaso d’Aquino era aperta davanti l’altare dell’Assise conciliare tridentina. Da essa nacque la fioritura teologica e ascetica della Controriforma (la seconda Scolastica e la spiritualità ignaziana e carmelitana di S. Giovanni della Croce e S. Teresa d’Avila), che hanno prodotto insigni teologi, Dottori ecclesiastici e grandi Santi. 
Oggi bisogna, con la grazia di Dio, ri-educare tutto l’uomo, nel fisico, nelle passioni sensibili, nelle idee e nell’agire morale e soprannaturale. Non è la Modernità che ci salverà, neppure il dialogo inter-religioso, ma la Verità, che è Gesù Cristo heri, hodie et in saecula. 

Che fare?

La Chiesa insegna che di fronte a una decisione errata dell’autorità ecclesiastica al cattolico avveduto è lecito non solo negare il suo assenso, ma anche in casi estremi, opporvisi pubblicamente. Tale opposizione può costituire persino un autentico dovere.

Scrivendo di San Cirillo di Alessandria, insigne avversario del nestorianesimo, dom Prospero Guéranger insegna: 

«Quando il pastore si cambia in lupo, tocca anzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai Vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria» (8).

Il Dottore Angelico, in diverse sue opere, insegna che in casi estremi è lecito resistere pubblicamente ad una decisione papale, come San Paolo resistette in faccia a San Pietro: 

«essendovi un pericolo prossimo per la Fede, i prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti. Così San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo riprese pubblicamente, a motivo di un pericolo imminente di scandalo in materia di Fede. E, come dice il commento di Sant’Agostino, “lo stesso San Pietro diede l’esempio a coloro che governano, affinché essi, se mai si allontanassero dalla retta strada, non rifiutino come indebita una correzione venuta anche dai loro soggetti” (ad Gal. 2, 14)» (9).
San Tommaso aggiunge anche che questo episodio della Scrittura contiene insegnamenti tanto per i prelati quanto per i loro sudditi: 
«Ai prelati [fu dato esempio] di umiltà, perché non rifiutino i richiami dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti [fu dato] esempio di zelo e di libertà, perché non temano di correggere i loro prelati, soprattutto quando la colpa è pubblica e costituisce un pericolo per molti» (10).

Francisco De Vitoria scrive: 
«Secondo la legge naturale è lecito respingere la violenza con la violenza. Ora, con ordini e dispense abusive, il Papa esercita una violenza morale, perché agisce contro la legge. Quindi è lecito resistergli moralmente. Come osserva il Gaetano, non facciamo questa affermazione perché qualcuno abbia diritto di giudicare il Papa o abbia autorità su di lui, ma perché è lecito difendersi dall’errore e dal male morale. Chiunque, infatti, ha il diritto di resistere ad un atto ingiusto, di cercare di impedirlo e di difendersi intellettualmente e moralmente» (11). 

Francisco Suarez: 

«Se [il Prelato] emana un ordine contrario ai buoni costumi, non gli si deve ubbidire: se tenta di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarà lecito resistergli; se attaccherà con la forza, potrà essere respinto con la forza, con quella moderazione propria della legittima difesa» (12). 

San Roberto Bellarmino: 

«Com’è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime o perturba l’ordine civile, o, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina ed impedendo la esecuzione della sua volontà: non è però lecito giudicarlo, punirlo e deporlo, poiché questi atti sono propri di un superiore» (13).
NOTE
1 - Il lettore mi scusi se riporto queste citazioni tradotte dal sito www.messainlatino.it del “Catechismo Daneels”. Esse sono crude e raccapriccianti, ma la politica dello struzzo non ha mai dato risultati positivi. Bisogna “conoscere il nemico per poterlo combattere efficacemente” (p. Kolbe) e guardare in faccia il male per poterlo guarire. «Negli anni Novanta il cardinale Daneels ha fatto adottare un abominevole testo di catechismo dal titoloRoeach. 
Ecco come questo ‘catechismo’ spiega la sessualità dei bambini: ad esempio con la fotografia, riprodotta qui sotto, di una bambina nuda i cui fumetti dicono: “Stimolarmi la patatina mi fa sentire bene”; “Mi piace togliermi le mutande con gli amici”; “Voglio restare nella camera quando mamma e papà fanno sesso”. Un altro disegno mostra un bambino e una bambina nudi che ‘giocano al dottore’ e il maschietto che dice: “Guarda, il mio pene è grosso”. Altro disegno mostra tre tipi diversi di genitori. Sono riprovati quelli con atteggiamenti puritani; quelli con la dicitura “Corretto” sono naturalmente coloro che così reagiscono: “Sì, sentire e stimolare quelle parti è un bel divertimento”. 
Questo era il “Catechismo Cattolico della Chiesa belga” ancora dieci anni fa. Niente di meno che una tentata corruzione di minorenni, un’apologia di pedofilia: anziché trasmetter la Fede, serviva a far capire ai ragazzini che “certe cose” sono belle e raccomandabili, anche nella più tenera età. 
Nel 1984 il cardinale Daneels (nominato arcivescovo di Bruxelles-Malines fin dal 1979) ricevette la lettera di una mamma preoccupata per l'attività del “Gruppo di Lavoro Ecumenico sulla Pedofilia”. Si trattava di un organismo, spalleggiato dalla Conferenza Episcopale Belga, che venne perfino lodato dal giornale ufficiale dei vescovi Kerk en Leven (Chiesa e Vita) sul numero del 9 agosto 1984, dove l'articolista riferiva che quell'ente avrebbe "fatto conoscere nelle chiese il fenomeno della pedofilia, condiviso informazioni e rimosso pregiudizi". Lo scopo del Gruppo, citiamo, era creare un punto di incontro per pedofili "per scambiare idee vicendevolmente e per incoraggiarsi. Sono benvenuti tutti coloro che desiderano conoscere meglio la pedofilia e i pedofili in condizioni di maggior trasparenza, rispetto e fiducia". La madre, che si rivolgeva a Daneels, aveva ottenuto documenti precisi che sottopose preoccupata al cardinale. La propaganda di quel Gruppo Ecumenico era di questo genere:
- se tuo figlio (o bambino) o figlia (o bambina) si sente a posto con la relazione con un pedofilo, per favore non rompere quella relazione;
- la reazione dell'ambiente sociale circostante è spesso di maggior danno che i fatti in sé;
- molti Cristiani convinti possono imparare dai pedofili;
- è preferibile che si crei una relazione di fiducia tra il pedofilo e i genitori. 
Il cardinale Daneels non prese minimamente in considerazione le preoccupazioni di quella madre» (cfr. www.messainlatino.it). 
2 - Etienne Gilson †1978, Jacques Maritain † 1973 (tomista in parte, sino al 1936), Réginald Garrigou-Lagrange † 1964, Sofia Vanni-Rovighi † 1990, Francesco Olgiati † 1962, Amato Masnovo † 1955, Carlo Giacon † 1984, Alfredo Ottaviani † 1979, Luigi Maria Carli † 1986, Cornelio Fabro † 1995, Tomas Tyn † 1990, Reginaldo Pizzorni († 15 settembre 2014), Antonio Royo-Marìn † 2008, Battista Mondin, Ceslao Pera † 1967, Tito Centi † 2011, Innocenzo Colosimo † 1997, Raimondo Spiazzi † 2004, Pietro Parente † 1996, Antonio Piolanti † 2001, Brunero Gherardini, Antonino Romeo † 1978, Francesco Spadafora † 1997, Luigi Bogliolo † 1999, Ugo Emilio Lattanzi † 1968, Martin Grabmann † 1949, Pier Carlo Landucci † 1996, Gabriele Roschini † 1978, Francesco Roberti † 1977, Pietro Palazzini † 2000, Luigi Ciappi † 1996, Antonio de Castro Mayer † 1991, Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira, Julio Meinvielle † 1973, Eremenegildo Lio † 1992, Augusto Del Noce † 1989 (solo per la critica alla post-modernità), Mariano Cordovani † 1953, Giuseppe Siri † 1993, Joseph de Finance † 1999, Giuseppe Abbà, Giuseppe Ricciotti † 1964, Alfons Maria Stickler † 2007, Dario Composta † 2002, Paolo Dezza † 1999, Gianfranco Morra (per la critica del nichilismo); Vittorio Possenti (per la critica della post-modernità), Andrea Dalledonne, Antonio Perini, Attilio Boldorini † 2012, R. McInerny, L. Elders, G. Reale (per la filosofia classica greco/romana).
3 - Cfr. Gf. Morra, Il cane di Zarathustra. Tutto Nietzsche per tutti, Milano, Ares, 2013. 
4 - Padre Yves Congar, creato cardinale da Giovanni Paolo II, ha scritto che il Concilio Vaticano II rappresenta la Rivoluzione francese nella Chiesa. Infatti esso ha fatto proprio il trinomio del 1789 “Libertà, Eguaglianza e Fraternità” mediante la dottrina sulla “Libertà religiosa” (“Dignitatis humanae”), quella sulla “Collegialità” (“Lumen gentium”), che “eguaglia” Papato ed episcopato, ed infine sull’“Ecumenismo”, che fraternizza tutte le religioni (“Nostra aetate” e “Unitatis redintegratio”). 
5 - Per esempio, nel 1965 Herbert Marcuse in Eros e civiltà (tr. it., Torino, Einaudi, 1966) chiedeva la liberazione dal reale (p. 277) sia ontologico che morale, esaltando la dirompente forza rivoluzionaria dell’omosessualità (Eros e civiltà, cit., p. 192). Jean Paul Sartre nel 1969 auspicava l’incesto come liberazione dalla famiglia (Tout, n. 12) e nel 1977 si pronunciava a favore della pedofilia (Le Monde, 26 gennaio). Le stesse idee le ritroviamo nel succitato famigerato “Catechismo” della Conferenza episcopale belga. 
6 - S. Th., I-II, qq. 22-48. 
7 - “Il Secolo d’Italia” dell’8 luglio 2010 a pagina 26 scrive: «La recente tornata di nomine vaticane promuove il gruppo di “Communio”, la rivista fondata nel 1972 da von Balthasar e che era stata animata da Ratzinger». Paolo D’Andrea, l’articolista del Secolo cita il vaticanista statunitense John Allen, il quale osserva che l’Arcivescovo canadese Marc Qullet di Québec, balthasariano della prima ora, è stato nominato alla Congregazione per i Vescovi, monsignor Rino Fisichella, balthasariano anche lui, ha avuto un nuovo dicastero (“Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione”), istituito su consiglio del balthasariano cardinale di Venezia Angelo Scola, il Vescovo svizzero di Basilea Kurt Koch è andato a rimpiazzare Walter Kasper alla Congregazione per l’ecumenismo. La rivista “Communio” fu fondata nel 1972 da von Balthasar, de Lubac e Ratzinger per fare da contraltare a “Concilium” fondata nel 1965, che aveva preso dopo il Concilio una piega troppo progressista (con Rahner, Küng, Schillebeeckhx). Come si vede, Ratzinger non è cambiato e non si riuscirà a sortire dall’impasse attuale rifacendosi a de Lubac, alla Speyr e a von Balthasar, continuatori della dottrina dell’apocatastasi di Origene condannata dalla Chiesa a più riprese. Infine con il pontificato di Francesco I si assiste alla rivincita dei rahneriani sui balthasariani. 
8 - Dom Prosper Guèranger, L’Année Liturgique, Mame, Tours, 1922, 15a ed., pp. 340-341.
9 - San Tommaso d’Aquino, Summa Theologie, II-II, q. 33, a. 4, ad 2.
10 - Ad Gal. 2, 14, lect. III, n. 77.
11 - Franciscus De Vitoria, Obras de Francisco de Vitoria, BAC, Madrid 1960, pp. 486-487. 
12 - Franciscus Suarez, De Fide, in Opera omnia, Parigi, 1858, tomo XII, disp. X, sect. VI, n. 16. 
13 - San Roberto Bellarmino, De Romano Pontifice, in Opera omnia, Battezzati, Milano 1857, vol. I, lib. II, c. 29.

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