Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

domenica 22 marzo 2015

Il Sacerdozio nel piano di Dio (Mons. Lefebvre)




L’Incarnazione e la Redenzione continuate

Per sapere cos’è il sacerdote basta leggere il Vangelo. E’ sufficiente considerare cos’è Nostre Signore Gesù Cristo, il sacerdote per eccellenza, per comprendere cosa sono i sacerdoti oggi.
Gesù ce lo dice in questa frase così corta e semplice: “Come il padre mi ha mandato, così io mando voi” (Gv 20,21). Se riflettessimo soltanto qualche istante alla prima parte di questa frase: “come il Padre mi ha mandato”, capiremmo che Gesù parla della missione eterna nella SS. Trinità. Il Figlio è da sempre inviato dal Padre perché procede dal Padre. Egli è dal Padre generato da tutta l’eternità ed è per questo il Verbo di Dio. Allo stesso modo lo Spirito santo è inviato dal Padre e dal Figlio e è questo che costituisce la terza persona della SS Trinità.
Questa missione eterna del Figlio di Dio, continua nella sua missione temporale che è il fine di tutta la creazione. Il mondo intero che ci circonda, le meraviglie della natura, gli astri e tutto ciò che esiste: noi stessi, gli angeli e gli eletti del Paradiso; tutto fu creato per la missione di Nostre Signore Gesù Cristo. Tutto fu creato perché un giorno Gesù venisse sulla terra per cantare la gloria di Dio a nome di tutto l’universo.
Questa fu la missione di Gesù: cantare la gloria del Padre suo nel suo corpo e nella sua anima umana, riunendo così, per la sua divinità tutto ciò che può esserci di più grande di più bello e di più sublime sulla terra.
In quale momento della sua esistenza in questo mondo Gesù ha espresso ( maggiormente) questa gloria, questa carità infinita che aveva per suo Padre? Lui stesso ce lo ha detto, è stato nell’ora più sublime della sua vita: sulla Croce. Fu nel momento in sui esalò il suo ultimo respiro che rese al Padre la più grande gloria; “Tutto è consumato” (Gv 19,30) –disse - , e aggiunse: “Nelle tue mani rimetto il mio spirito” ( Lc 23,46). Fu questo il più grande atto di carità che posso mai esistere. Tutti i nostri atti di carità sono niente in confronto a quello di Nostro Signore. Dio Padre è stato glorificato dalla Passione e morte di Nostro Signore. Per la sua morte era la vita che ritornava nel mondo, la via del Paradiso, la via della salvezza era per noi tutti aperta. (Omelia a Ecône, 29 giugno 1978)

Ora, se Nostro Signore Gesù Cristo ha voluto istituire il sacramento dell’ordine, è per continuare la sua Incarnazione e la sua Redenzione in mezzo a noi.

Il grande progetto che la SS. Trinità ha previsto da tutta l’eternità consiste a farci partecipare all’Incarnazione e alla Redenzione di Gesù Cristo per l’unione al suo sangue, alla sua anima e alla sua divinità. Il sacramento dell’ordine è così importante nella Chiesa perché permette a Gesù Cristo di prolungare la sua Incarnazione. Non è forse vero che per il santo sacrificio della Messa Gesù continua la sua Incarnazione? Non si può dire che Gesù sia presente nella SS Eucaristia come nelle sue carni mortali, non si può dire che sia presente insieme alla sostanza del pane. L’eucaristia è un cambiamento di sostanza, una transustanziazione. Gesù è quindi presente nell’eucaristia con la sua sostanza e prolunga così la sua Incarnazione. La prolunga con la sua presenza reale. Egli vuole in qualche modo incarnarsi in noi, povere creature peccatrici per trasformarci, riscattarci e purificarci con il suo sangue, unirci a lui e prepararci alla vita eterna.
Per questo il sacramento dell’ordine è così bello, così grande. Non vi è niente che permetta di avvicinare Dio, di comprenderlo come il santo sacrificio della Messa e da questo viene l’importanza del sacerdozio.
Non siamo noi ad aver inventato il sacerdozio di Gesù Cristo né il sacramento dell’ordine. Possiamo realmente sapere cos’è il sacerdozio, soltanto riferendoci a ciò che Nostro Signore ha fatto e a quello che la Chiesa ha sempre insegnato.
Tutto scaturisce da questo. Le virtù, il carattere sacerdotale, tutti i poteri del prete provengono da questo: il sacerdote è fatto prima di tutto per il sacrificio. Per questo, il giorno della loro ordinazione i giovani sacerdoti offrono il santo sacrificio della Messa con il vescovo che insegna loro come a balbettare, in un certo qual modo, per la prima volta le parole misteriose e sublimi del santo sacrificio della messa di cui il popolo fedele ha il più gran bisogno. (Omelia a Ecône, 29 giugno 1975)

E’ questo la via che i sacerdoti sono invitati a seguire. “Come il Padre mi ha mandato, così io mando voi” (Gv 20,21) Vi invio per continuare la mia missione e poiché io l’ ho compiuta con un atto di amore infinito sul Calvario, é questo il cammino che dovete seguire. Dovete salire all’altare, offrire il sacrificio, continuare ad offrire quell’atto d’amore infinito che io ho offerto al Padre, ecco cosa dovete fare.
Quale grazia! Ne siete degni, Siamo noi degni di salire all’altare? Se consideriamo noi stessi, mai potremmo pretendere ad un tale atto sublime, ad una tale gloria ed una tale partecipazione q colui che è il Sacerdote per l’eternità, il gran Sacerdote. Ma, per la grazia di Dio, la grazia ricevuta il giorno dell’ordinazione sacerdotale, si, il prete è degno, di fronte a Dio e agli angeli di offrire il santo sacrificio della Messa; di far scendere, con la sua assoluzione, il sangue di Nostro Signore Gesù Cristo sulle anime per riparare i loro peccati; di versare sulla fronte dei bambini l’acqua del battesimo, perché possano essere battezzati e resuscitati nel sangue di Gesù. Ecco quali sono i poteri che il vescovo da al sacerdote il giorno della sua ordinazione. Ecco così la missione di Nostro Signore continuata nel tempo. (Omelia a Ecône, 29 giugno 1978)

Il sacerdote: l’inviato da Dio

Che gioia per noi sacerdoti cattolici, di essere sicuri della nostra vocazione e della nostra missione. Non vi ombra di dubbio. La Chiesa ci sceglie e ci invia come Gesù ha inviato gli apostoli, poiché i nostri vescovi sono i successori degli apostoli. Non vi è alcuna discontinuità, nessuna spaccatura nella loro successione. Noi siamo veramente inviati, non siamo degli usurpatori. Non siamo noi che ci attribuiamo una missione, ma la Chiesa, fedele custode dei poteri affidatigli da Nostro Signore. Non siamo quindi né protestanti, né scismatici, ma sacerdoti autentici, inviati dal Padre del Cielo.
Stiamo attenti a non minimizzare la nostra vocazione, di non tener conto o tenere a poco conto dell’autenticità della nostra missione. Lontano da noi il pensiero di stimare allo stesso modo il pastore, il marabù o il prete scismatico ed il sacerdote cattolico o di metterli sullo stesso piano. Certo, ciò non deve essere cagione di orgoglio, di mancanza di bontà nei confronti degli infedeli, ma crediamo fermamente che noi soli siamo i rappresentanti di Gesù Cristo, che noi soli siamo i dispensatori dei misteri di Dio. (1 Cor 4,1)
Consideriamo come Gesù ha in stima la sua missione, come tiene caro al suo titolo di inviato. Tutto il valore della sua predicazione dipende da questa missione. Nostro Signore afferma chiaramente che è il Messia, Messias, Missus. Lo afferma esplicitamente: “Sono sceso dal Cielo, non per fare la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 6,38) “Io non sono venuto da me stesso, ma colui che mi ha mandato è verace e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed è stato lui a mandarmi». (Gv 7,28-29), “perché io sono proceduto e sono venuto da Dio; non sono venuto infatti da me stesso, ma è lui che mi ha mandato.” (Gv 8,42)
La difesa umile ma forte, energica e imperturbabile della sua missione, contro i farisei che l’insultano rifiutando di credere a questa missione è una delle cose più sublimi del Vangelo. Quale serenità, quale calma e che possesso della verità si manifestano in Gesù! Essa disarma tutti i suoi nemici: «Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente». Gesù rispose loro: «Io ve l’ho detto, ma voi non credete; le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me». (Gv 10,24-25)
Questa missione Gesù la trasmette come un tesoro prezioso ai suoi apostoli e ai suoi discepoli che credono in lui: “Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal mondo; erano tuoi, e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi hanno conosciuto che tutte le cose che tu mi hai dato vengono da te, perché ho dato loro le parole che tu hai dato a me; ed essi le hanno accolte e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato”. (Gv. 17, 17-18) Gesù chiede al Padre di fare per essi ciò che ha fatto per lui: “ Santificali nella tua verità, la tua parola è verità, come tu hai mandato me nel mondo, così ho mandato loro nel mondo”. (Gv 17, 17-18) Testimoni di Cristo, ecco cosa siamo, ecco ciò che voi sarete. San Pietro lo proclama per primo: “Questo Gesú, Dio lo ha risuscitato; e di questo noi tutti siamo testimoni” (Att. 2,32). San Giovanni predica Gesù Cristo: Noi vi annunciamo “quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita” (Gv 1,1). San Paolo lo manifesta ugualmente: “Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù, il Signore”. (2Cor. 4,5)

Mons. Marcel Lefebvre

La sainteté sacerdotale, Ed. Clovis, 2008, pp 185-196

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