Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 18 febbraio 2016

Sul sacerdozio cattolico, il contributo di un Padre Orientale


Dopo la distruzione del Sacerdozio Cattolico e della Liturgia Romana, nei suoi riti e nella sua sacralità, spesso si guarda ad Oriente con ammirazione, alla ricerca di una "nuova" spiritualità, soprattutto sacerdotale. Offriamo anche noi un contributo a completamento di quanto scitto sul Sacerdozio Cattolico, nel notro precedente post (qui).
San Giovanni Crisostomo sottolinea: la altissima dignità dell'ufficio sacerdotale; il "tremendum" della liturgia; l'ascetica e la purezza dell'anima sacerdotale; l'esemplarità e superiorità del sacerdote, che non si può confondere con l'uomo comune; la "filantropia" di Dio che è il Santo Sacrificio della Nuova Alleanza, alla quale non corrisponde una "filantropia" dell'uomo bensì il Culto che il Sacerdote offre.
Purtroppo, insistendo su questi concetti, San Giovanni Crisostomo non è in linea con i dettami del Concilio Vaticano II, ma non sembra disposto ad aggiornarsi.


Dagli scritti di San Giovanni Crisostomo sul sacerdozio.

[...] Però che il sacerdozio si compie sulla terra, ma è nell’ordine delle cose celesti; e con ogni ragione; poiché non un uomo, non un angelo, non un arcangelo, né altra forza creata, ma lo stesso Paraclito ordinò quest’ufficio, ispirando quelli che tuttora si stanno nella carne a ideare una funzione propria degli angeli; deve pertanto il sacerdote essere così puro, come se abitasse negli stessi cieli fra quelle Potenze.
[...] Poiché quando tu vedi il Signore sacrificato e giacente, e il vescovo preposto al sacrificio e pregante, e tutti imporporati di quel sangue augusto, credi tu d’essere ancor fra i mortali e di starti sopra la terra, o non piuttosto sei d’un tratto trasportato nei cieli, e sgombro dallo spirito ogni pensiero della carne, contempli con l’anima ignuda e con la mente pura le cose celestiali? O meraviglia! O filantropia di Dio: colui che siede in alto insieme col Padre, in quell’istante viene tenuto dalle mani di tutti, e dona se stesso a chi vuole abbracciarlo e stringerlo a sé, e tutti fanno poi ciò allora con gli occhi della fede. Or dunque ti paiono cose queste da poter essere disprezzate, o tali che uno possa esaltarsi al di sopra di esse? Vuoi ora scorgere da altra meraviglia la superiorità di questo sacrificio?
Rappresentati innanzi agli occhi Elia, e intorno a lui moltitudine immensa, e il sacrificio disposto su le pietre, e tutti gli altri in gran quiete e silenzio profondo, e il profeta solo supplicante; indi d’un tratto la fiamma lanciata dai cieli sopra la vittima: è uno spettacolo meraviglioso che riempie di stupore. Rivolgiti or quindi a quello che adesso si compie e vedrai non solo cose meravigliose, ma tali da superare ogni meraviglia. Sta il sacerdote, per attirare giù non il fuoco, ma lo Spirito Santo; e a lungo si fa la supplica, non affinché una fiamma accesa dall’alto consumi le offerte, ma affinché la grazia discesa sopra il sacrificio, per mezzo di questo accenda le anime di tutti e le renda più fulgide che argento incandescente. Chi oserà nutrire sprezzo, se non sia al tutto pazzo o fuor di sé, di questa così tremenda azione? o non sai che l’anima umana non varrebbe a sopportare quel fuoco del sacrificio, e tutti d’un tratto ne sarebbero annientati, se non fosse grande il soccorso della grazia di Dio?
[...] Un atleta fino a che se ne rimarrà in casa senza venire alle mani con alcuno, potrà bensì celarsi anche se debolissimo; ma tosto che deponga la veste per affrontare la lotta, ben presto diverrà oggetto di disprezzo; così anche quelli fra gli uomini che vivono questa vita privata e tranquilla, hanno per velario delle proprie colpe la solitudine; ma qualora siano tirati in mezzo, allora sono costretti a deporre la solitudine come un vestito, e per mezzo dei movimenti esterni mostrare ignude a tutti le anime loro. Pertanto, come le loro virtù giovano a molti ridestandone l’emulazione, così pure le loro mancanze rendono altri più schivi del travaglio che la virtù richiede e li dispone all’indolenza dinanzi alle fatiche di serie intraprese.
Deve dunque la bellezza dell’anima di lui risplendere da ogni parte per poter rallegrare e insieme illuminare le anime dei suoi spettatori. Le colpe dei volgari, commesse per così dire al buio, sono di rovina soltanto per chi le commette; ma la trascuratezza d’un personaggio distinto e noto a molti, reca danno comune a tutti, rendendo i caduti sempre più restii ai sudori per le opere buone, e d’altra parte provocando all’arroganza quelli che vogliono attendere a se stessi. Inoltre, i falli della gente comune, anche se divengono palesi, non infliggono nessuna piaga considerevole; ma quelli che siedono su questo culmine di dignità, primariamente sono visibili a tutti; poi anche se cadono in difetti minimi, le cose piccole appiano grandi agli altri, perché tutti misurano la colpa non in ragione della sua propria entità, ma in ragione del grado di chi l’ha commessa.
Onde il sacerdote ha da essere circondato, come d’armi d’acciaio, da attenzione continua e da costante moderazione, e guardarsi da ogni lato che alcuno vedendo qualche parte scoperta e negletta, non infligga una ferita mortale. Tutti stanno all’intorno pronti a colpire e abbattere, non solo nemici e avversari, ma molti anche di quelli che simulano amicizia. Bisogna rendere le anime disposte come Dio un tempo mostrò essere i corpi di quei santi nella fornace di Babilonia; l’alimento poi di questo fuoco non è sarmento né pece né stoppa, ma altre cose ben peggiori; né si tratta di quel fuoco sensibile, ma li avvolge la voracissima fiamma della gelosia, elevandosi da ogni parte, investendoli e scrutandone la vita, con più lena che quel fuoco i corpi di quei giovinetti; se pertanto troverà una piccola traccia di paglia, subito l’avvolge e arde quella parte corrotta, mentre il resto della fabbrica, anche se risplenda più che i raggi del sole, resta fra quel fumo tutto bruciacchiato e annerito.
[...] Fino a che la vita del sacerdote sarà ben regolata in tutto, egli non soccomberà all’insidia, ma se trascura anche solo un punto, come è facile essendo uomo e navigando attraverso il pelago mal fido di questa vita, nulla gli gioveranno tutte le altre virtù per sfuggire alle lingue degli accusatori; ma quella piccola deficienza adombra tutto il resto; tutti vogliono giudicare il sacerdote non come rivestito di carne e partecipe della natura umana, ma quasi fosse un angelo e libero dalla miseria comune.
E come tutti temono e adulano un tiranno finché serba il potere, perché non possono toglierlo di mezzo, ma quando vedano decadere la sua potenza, deposto il rispetto fin allora simulato, quelli che poco prima gli erano amici, d’un tratto si fanno nemici e avversari, e esaminando tutte le sue malvagità gliele imputano a colpa e lo spogliano del dominio; così anche riguardo ai sacerdoti, quelli che poco prima, mentre era in potenza, lo onoravano e gli s’inchinavano, quando scorgono una piccola occasione, s’apprestano energicamente a travolgerlo non solo quale tiranno, ma come qualcosa di peggio.
[...] L’anima del sacerdote deve splendere come luce che illumina tutta la terra, mentre la mia é ravvolta dalla perversa coscienza in si fitta tenebra, che sempre vi sta sommersa né può mai con fiducia volger lo sguardo al suo Signore. I sacerdoti sono il sale della terra, mentre invece la mia insipienza e totale inesperienza, chi le tollererebbe di buon grado, se non voi altri, per la consuetudine d’eccessivo affetto?
Ché [il sacerdote] dev’essere non soltanto puro come lo richiede un tanto ministero, ma anche molto prudente e pratico di molte faccende; non deve conoscer gli affari materiali meno di quelli che vi si trovano in mezzo, e tuttavia deve esserne distaccato non meno dei monaci che abitano i monti. Egli deve essere versatile, perché ha da far con uomini che hanno moglie, figli, servitù, sono circondati da grandi ricchezze, trattano la cosa pubblica e occupano alte cariche: versatile, dico, non subdolo, né adulatore né ipocrita, ma pieno di libertà e di franchezza, sapendo però accondiscendere docilmente qualora le circostanze lo richiedano, mostrandosi a un tempo affabile e austero.
Non bisogna infatti comportarsi allo stesso modo con tutti i sudditi, come non sarebbe opportuno ai medici procedere con uno stesso criterio con tutti gli ammalati, né al pilota conoscere una sola manovra per combattere contro i marosi. E per vero anche questa nave é premuta da continue tempeste; tempeste che non solo assalgono dall’esterno, ma sorgono anche dall’interno, onde v’è d’uopo di grande accondiscendenza, ma insieme di grande attenzione.
Tutte queste cose, sebbene fra loro diverse, cospirano a un fine unico: la gloria di Dio e l’edificazione della Chiesa.

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