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lunedì 12 marzo 2018

San Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria nel piano della salvezza

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In tempi difficili per la Chiesa Pio IX, volendo affidarla alla speciale protezione del santo patriarca Giuseppe, lo dichiarò «Patrono della Chiesa cattolica».

Questo patrocinio deve essere invocato ed è necessario tuttora alla Chiesa non soltanto a difesa contro gli insorgenti pericoli, ma anche soprattutto perché possa nuovamente ritornare a essere quel faro che brilla nelle tenebre, conforto per le anime e nuovamente missionaria in un mondo scristianizzato.
Nel mese di Marzo particolarmente dedicato a San Giuseppe vogliamo raccomandarci, dunque, alla protezione di colui al quale Dio stesso «affidò la custodia dei suoi tesori più preziosi e più grandi», impariamo al tempo stesso da lui a servire l’«economia della salvezza».
La posizione di san Giuseppe come sposo della Madre di Dio, come padre di Gesù e capo della Famiglia; si preoccupa di determinare la sua relazione con i misteri dell’incarnazione e della redenzione, la natura del suo matrimonio, la sua paternità nei riguardi di Gesù, la sua funzione nella Chiesa, il culto che gli compete; vuole precisare teologicamente la sua santità.Il matrimonio tra Maria e Giuseppe fu un matrimonio vero. La nota teologica assegnata a questa proposizione oscilla tra il teologicamente certo e la verità di fede.

Nella Sacra Scrittura Giuseppe è chiamato sposo di Maria e Maria sposa di Giuseppe: Mt 1,16.18-20.24; Lc 1,27; 2,5. Per tale motivo Giuseppe è considerato da tutti padre di Gesù: Lc 2,27.33.41.43.48; 3,23; Mt 13,55.

Leone XIII dice chiaramente che «intercessit losepho cum Virgine Beatissima maritale vinculum», facendo Giuseppe partecipe della eccelsa dignità di Maria appunto «ipso coniugali foedere» (QP).

Già conosciamo il pensiero di sant’Agostino e di san Tommaso su questo matrimonio . La ChiesaI ne sottolinea il ruolo riguardo alla paternità di Gesù: «Anche per la Chiesa, se è importante professare il concepimento verginale di Gesù, non è meno importante difendere il matrimonio di Maria con Giuseppe, perché giuridicamente è da esso che dipende la paternità di Giuseppe. Di qui si comprende perché le generazioni sono state elencate secondo la genealogia di Giuseppe» (RC, n.7). Lo stesso Pontefice ne espone l’aspetto «sacramentale»: «II matrimonio di Maria e Giuseppe realizza in piena “libertà” il “dono sponsale di sé” nell’accogliere ed esprimere l’amore di Dio per l’umanità mediante il dono del Verbo» . Poiché «il Salvatore ha iniziato l’opera della salvezza con questa unione verginale e santa» , tale matrimonio fa chiaramente parte dei «misteri» della vita di Cristo.II vero matrimonio di Giuseppe con Maria suppone e richiede l’attribuzione a Giuseppe di una «singolare dignità». Leone XIII, partendo dal fatto che «il matrimonio è la massima società e amicizia, a cui di sua natura va unita la comunione dei beni», deduce che san Giuseppe «ha partecipato, per mezzo del patto coniugale, all’eccelsa grandezza di Maria» e «si è avvicinato quanto mai nessun altro a quell’altissima dignità, per cui la Madre di Dio sovrasta di gran lunga tutte le creature» (QP).

San Giuseppe, infatti, non fu dato da Dio a Maria «solo a compagno della vita, testimone della verginità e tutore dell’onestà» , ma perché «insieme con Maria — ed anche in relazione a Maria – partecipasse alla fase culminante dell’autorivelazione di Dio in Cristo» (RC, n. 5). San Giuseppe è stato certamente all’altezza della sua chiamata: «Mediante il sacrifìcio totale di sé Giuseppe esprime il suo generoso amore verso la Madre di Dio, facendole “dono sponsale di sé”. Pur deciso a ritirarsi per non ostacolare il piano di Dio che si stava realizzando in lei, egli per espresso ordine angelico la trattiene con sé e ne rispetta l’esclusiva appartenenza a Dio» (n. 20). Giovanni Paolo II mette in particolare rilievo il legame sponsale di Maria e Giuseppe, rivendicando a Giuseppe le «chiare caratteristiche dello sposo»: «prima che cominci a compiersi “il mistero nascosto da secoli” (Ef 5,9), i Vangeli pongono dinanzi a noi l’immagine dello sposo e della sposa» (n. 18). Essi partecipano «insieme» al mistero dell’incarnazione. Giuseppe si trova «insieme con Maria, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico» (n. 1); a sua volta, «il fatto di essere lei “sposa” a Giuseppe è contenuto nel disegno stesso di Dio» (n. 18). Di qui si intuisce l’importanza del ruolo di Giuseppe come “sposo”: «Di questo mistero divino Giuseppe è insieme con Maria il primo depositario»; «La fede di Maria si incontra con la fede di Giuseppe» (n. 4); Giuseppe «è il primo a partecipare alla fede della Madre di Dio e, così facendo, sostiene la sua sposa nella fede della divina annunciazione» (n. 5).

Come ignorare o dimenticare questo «disegno stesso di Dio» nella teologia dell’Incarnazione?Nonostante gli evangelisti dichiarino espressamente che Gesù è stato concepito per opera dello Spirito Santo ( Mt 1,18-25; Lc 1, 35), o meglio, appunto perché hanno già messo tale verità al sicuro, non esitano a chiamare Giuseppe «padre» di Gesù (Lc 2,27.33.41.43.48). Conseguentemente Giuseppe ha il diritto di imporre il nome al bambino (Mt 1,21.25) e di dirigere la famiglia in qualità di capo (Mt 2,15s. 19ss.; Lc 2,51); Gesù è ritenuto figlio di Giuseppe (Lc 3,23; 4,22; Mt 13,55; Gv 6,42). la paternità di Giuseppe come «una conseguenza dell’unione ipostatica». Poiché la Famiglia di Nazaret è «inserita direttamente nel mistero dell’incarnazione», appartiene ad esso anche la «vera paternità». Nella «forma umana della famiglia del Figlio di Dio Giuseppe è il padre: non è la sua una paternità derivante dalla generazione; eppure, essa non è “apparente”, o soltanto “sostitutiva”, ma possiede in pieno l’autenticità della paternità umana, della missione paterna nella famiglia» (RC, n. 21). «Giuseppe fu, secondo lo spirito, una incarnazione perfetta della paternità nella famiglia umana ed insieme sacra» C’è, indubbiamente, in san Giuseppe una vera relazione di paternità verso Gesù, che si estende dal piano giuridico, in ragione del suo «singolare» matrimonio, a quello affettivo, per il «cuore paterno» che ebbe verso il Figlio, e a quello psicologico e sociale, per gli influssi e i condizionamenti che derivarono dalla lunga e stretta comunanza di vita e di lavoro.II fondamento giuridico della paternità è costituito dal contratto matrimoniale di Giuseppe e Maria congiunto alla nascita di Gesù in quel matrimonio, benché non da quel matrimonio (cf. San Tommaso, IV Sent., dist. 30, a. 9 ad 3). Già Estio aveva affermato che «Giuseppe era vero padre in ordine al matrimonio», benché «soltanto putativo in ordine alla generazione corporale» (IV Sent., dist. 30, par. 11).

San Tommaso espone chiaramente il principio che «proles non dicitur bonum matrimonii solum in quantum per matrimonium generatur, sed in quantum in matrimonio suscipitur et educatur» per poi concludere che «hoc matrimonium (di Giuseppe con Maria) fuit ad hoc ordinatum specialiter, quod proles illa susciperetur in eo et educaretur» (IV Sent., dist. 30, q. 2, a. 2 ad 4). Ancora: «Giuseppe è detto padre di Cristo allo stesso modo con cui viene anche inteso sposo di Maria, senza l’unione della carne, ma per il vincolo stesso del matrimonio: evidentemente molto più stretto parente, che se fosse adottato dal di fuori» (Summa Theologiae, III, q. 28, a. 1 ad 1). Né a Giuseppe, padre, né a Gesù, figlio, si addice, dunque, il termine “adottivo”, come verrà ampiamente spiegato in seguito.

E’ chiaro che Gesù non nacque nel matrimonio di Giuseppe e di Maria per caso, ma in quanto «quel» matrimonio – che non avrebbe mai dovuto essere consumato – era stato decretato da Dio in ordine alla nascita «onorata e conveniente» di Gesù, nascita che nella mente di Dio presiedette al matrimonio stesso preordinandolo e condizionandolo.
Pio IX dice chiaramente che «Giuseppe non solo vide Gesù, ma con lui ha dimorato e con paterno affetto lo ha abbracciato e baciato e per di più lo ha nutrito». Leone XIII afferma che Giuseppe «esercitava l’ufficio di padre nei riguardi di Gesù» e sottolinea espressamente «l’amore paterno» portato da Giuseppe al fanciullo Gesù (QP). Pio XII insegna che, «benché egli non fosse suo padre, ebbe per Gesù per uno speciale dono celeste tutto l’amore naturale, tutta l’affettuosa sollecitudine che un cuore di padre possa conoscere» (19 febbraio 1958).La realtà della paternità di san Giuseppe nei riguardi di Gesù viene indicata da sant’Agostino nella «pietà e carità di Giuseppe» (Sermo 51,20: PL 38,351).Pio IX: «Maria e Giuseppe, queste due purezze, queste due figure sublimemente edificanti nell’orizzonte del bene, questi due coefficienti dell’educazione umana dello stesso Gesù, offrono realmente il primo divino esempio dell’educazione cristiana»Nell’Inno «Caelitum, Ioseph, decus», introdotto nella Liturgia delle Ore, alle Lodi, già nel 1671 da Clemente X, è asserito chiaramente che «il Creatore… ha voluto che tu (Giuseppe) fossi chiamato “padre del Verbo” (voluitque Verbi te patrem dici)». E’ parimenti noto l’Inno «Salve, pater Salvatoris», presente nel Breviario secondo l’uso gallicano (sec. XVII). Nell’Inno «O lux beata caelitum», che apre i primi Vespri della festa della Santa Famiglia (Domenica tra l’Ottava di Natale), Giuseppe è presentato come «colui che la divina Prole invoca con il dolce nome di padre» (dulci patris quem nomine / divina Proles invocat). L’Inno è stato composto da Leone XIII (1893), il quale aggiunge che san Giuseppe è chiamato «ex vetustis patribus delecte custos Virginis»,Già cento anni fa Papa Leone XIII esortava il mondo cattolico a pregare per ottenere la protezione di san Giuseppe, patrono di tutta la Chiesa. L'epistola enciclica «Quamquam Pluries» si richiamava a quell'«amore paterno» che Giuseppe «portava al fanciullo Gesù», ed a lui, «provvido custode della divina Famiglia», raccomandava «la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue». Da allora la Chiesa - come ho ricordato all'inizio - implora la protezione di san Giuseppe - «per quel sacro vincolo di carità che lo strinse all'Immacolata Vergine Madre di Dio» e gli raccomanda tutte le sue sollecitudini, anche per le minacce che incombono sulla famiglia umana.

Ancora oggi abbiamo numerosi motivi per pregare nello stesso modo: «Allontana da noi, o padre amantissimo, questa peste di errori e di vizi..., assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre...; e come un tempo scampasti dalla morte la minacciata vita del bambino Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità» . Ancora oggi abbiamo perduranti motivi per raccomandare a san Giuseppe la Chiesa le nostre famiglie ogni uomo.

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